Glossario dei termini

Elenco completo di termini con le definizioni principali dell'Agenzia Vita Indipendente Umbra

Lettera A

Abilitazione

L’abilitazione, attività specifica del terapista occupazionale, fornisce a persone con disabilità capacità di operare nel proprio contesto di vita, lavorativo, scolastico, ecc., tenendo conto delle caratteristiche di salute della persona e quelle dell’ambiente di riferimento. Il suo scopo è quello di fornire alle persone con disabilità la capacità o la possibilità di ottenere una migliore qualità della vita.

Insieme alla «riabilitazione», l’abilitazione è incentivata anche dall’articolo 26 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Vedi anche «terapia occupazionale».

Accertamento

L’accertamento è una procedura che permette di certificare, mediante appropriate indagini, lo stato di salute di una persona secondo dei criteri previsti per legge. Esistono vari tipi di accertamento sanitario:

Accertamento dell'invalidità civile

L’accertamento dell’invalidità civile, ai sensi della Legge n. 118/1971 e successive modificazioni, ha lo scopo di misurare la riduzione della capacità lavorativa generica nella persona che ha una menomazione fisica e psichica e sensoriale.

Per approfondimenti, si consiglia di leggere l’apposita scheda: Richiesta di accertamento dell’invalidità civile.

Accertamento della capacità lavorativa specifica

L’accertamento della capacità lavorativa specifica mira a valutare le potenzialità del lavoratore che ha acquisito una menomazione fisica, psichica o sensoriale nello svolgere una o più attività lavorativa qualora sussistano caratteristiche ben delineate, biologiche, attitudinali e tecnico-professionali.

Per approfondimenti, si consiglia di leggere l’apposita scheda: Accertamento della capacità lavorativa specifica.

Accertamento delle condizioni di disabilità al fine del collocamento mirato ai sensi della Legge n. 68/1999

L’accertamento delle condizioni di disabilità al fine del collocamento mirato ai sensi della Legge n. 68/1999 ha lo scopo di agevolare l’inserimento mirato e la ricerca del posto di lavoro più appropriato alle reali competenze della singola persona con disabilità.

Per approfondimenti, si consiglia di leggere l’apposita scheda: Richiesta di accertamento delle condizioni di disabilità ai fini del collocamento al lavoro (L. 68/1999).

Accertamento dello stato di handicap

L’accertamento dello stato di handicap, ai sensi della Legge n. 104/1922, ha lo scopo di conoscere il grado di svantaggio sociale e di emarginazione di una persona con menomazione fisica, psichica e sensoriale.

Per approfondimenti, si consiglia di leggere l’apposita scheda: Richiesta di accertamento dello stato di handicap.

Accertamento in rogatoria

L’accertamento in rogatoria (valido per tutti gli accertamenti sanitari) può essere richiesto nel caso in cui la persona sia ricoverata o domiciliata in una ASL diversa da quella di residenza.

La richiesta deve essere presentata alla ASL di residenza. Questa richiederà alla Commissione Medica dell’ASL dove è domiciliato o ricoverato l’interessato, di effettuare gli accertamenti sanitari del caso e di comunicarne l’esito alla Commissione competente che provvede ad emettere il verbale relativo alla certificazione richiesta.

Durante la visita, il richiedente potrà farsi assistere da un medico di fiducia.

Accessibilità di un edificio

Per accessibilità di un edificio si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali (appartamenti, terrazze comuni, cortili, ecc.), di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi ed attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.

L’accessibilità, dunque, è stata identificata come uno dei presupposti per un pieno e libero inserimento sociale della persona con disabilità per la realizzazione della sua persona (ai sensi della lettera G dell’articolo 2 del Decreto Ministeriale n. 236 del 14 giugno 1989).

Riferimenti normativi
Decreto Ministeriale n. 236 del 14 giugno 1989
, «Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche».

Accomodamento ragionevole

«Per “accomodamento ragionevole” si intendono: le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo, adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali». Il Progetto Individuale rientra a pieno titolo tra gli accomodamenti ragionevoli.

Da: Articolo 2, comma 4, Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità

Accreditamento

Si tratta del procedimento attraverso il quale una struttura socio-sanitaria, un ente o un’associazione privata che gestisce servizi sociali e sanitari, e a cui sia riconosciuto un rilievo sanitario, a seguito della verifica del rispetto dell’insieme di criteri e standard qualitativi stabiliti tramite legislazione apposita, ottiene l’instaurarsi dei rapporti contrattuali ed economici con le Aziende Sanitarie Locali (ASL) del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per l’acquisto di prestazioni sanitarie. In virtù di tali accordi, gli enti privati, anche se erogano servizi ulteriori, non possono richiedere il finanziamento delle prestazioni se non sono previste nell’accreditamento.

 


 

Normativa di riferimento

Decreto legislativo n. 229 del 19 giugno 1999 (articolo 8), «Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della L. 30 novembre 1998, n. 419».

Advocacy

Con il termine advocacy in italiano si intende la tutela dei diritti delle fasce deboli di popolazione. In tal senso si parla esplicitamente di “volontariato dei diritti“. La Giurisprudenza ha riconosciuto, non senza contrasti, la legittimazione ad agire ad associazioni che non promuovevano un giudizio per la tutela di interessi propri, ma di interessi diffusi, cioè di tutta la collettività. Si pensi alla tutela di beni ambientali e paesaggistici, della salute pubblica, della libertà religiosa, ecc. Le associazioni, che per finalità statutarie perseguono la tutela di tali beni, hanno legittimazione ad agire per ottenere l’interdizione di opere edilizie o di interventi lesivi dei diritti, che danneggiano tali beni, costituzionalmente garantiti.

Amministratore di sostegno

L’amministratore di sostegno è un istituto giuridico entrato nell’ordinamento italiano con la Legge n. 6 del 9 gennaio 2004 per affiancare, all’interno del Codice civile, gli altri due istituti giuridici della tutela prevista per le persone la cui capacità di agire risulti limitata o del tutto compromessa (interdizione e inabilitazione). L’amministratore di sostegno, quindi, è un nuovo istituto di protezione avente la funzione di tutelare le persone prive in tutto o in parte di autonomia, con la minore limitazione possibile della capacità di agire.

Per approfondimenti:

Leggi la scheda del Servizio di Contact Center: «L’amministratore di sostegno».

Consulta la Legge n. 6 del 9 gennaio 2004, «Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali» (collegamento a sito esterno).

Assegno di accompagnamento

Assegno di cura

L’assegno di cura è un sussidio economico mensile per l’assistenza e la cura a domicilio di persone che, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, hanno bisogno di un’assistenza continua. L’obiettivo di questa forma di assistenza è quello promuovere la domiciliarità delle persone con disabilità, riducendo il ricorso ai ricoveri in strutture residenziali. L’assegno di cura consente anche di mantenere le persone inserite nel proprio contesto familiare e sociale.

L’ammontare e i requisiti per poter accedere all’assegno di cura è variabile ed è generalmente correlato ad una serie di fattori che vengono stabiliti dalla Regione o dall’Ente locale.

La prima volta che la Regione introduce un “assegno di cura” è nel 2004, con la Legge regionale n. 24 del 22 novembre: destinato alle persone anziane con disabilità in condizione di non autosufficienza. Attualmente può essere percepito dalle stesse «fino a quando è predisposto e sottoscritto in loro favore il Patto per la cura ed il benessere che può confermare l’incentivo o prevedere altre misure economiche» (articolo 327, comma 9, della Legge regionale n. 11/2015).

La seconda volta che l’Umbria parla di “assegno di cura” è con la Delibera di Giunta Regionale n. 909 del 29 luglio 2011, che prevede, in via sperimentale (dal 1° ottobre 2011 al 30 settembre 2012), «interventi di assistenza indiretta per persone affette da malattie dei motoneuroni ed in particolare da SLA in fase avanzata della malattia». Si tratta di un assegno mensile articolato in tre fasce (400 euro, 800 euro o 1.200 euro), la cui erogazione, previa valutazione effettuata dalla Unità di Valutazione Multidimensionale Disabili (UMVD) del Distretto socio-sanitario di competenza, è subordinata alla predisposizione del Piano Assistenziale Personalizzato (PAP) e alla relativa stipula del Patto per la cura e il benessere.

La terza volta è con la sperimentazione dell’assegno di cura di 1.200 euro, di cui alla Delibera di Giunta Regionale n. 454 del 21 aprile 2017, che ha lo scopo di garantire la domiciliarità di persone con disabilità in condizione di non autosufficienza, con gravissime patologie associate a malattia rara e in condizione di dipendenza vitale, dal 1° maggio 2017 al 30 aprile 2018 (leggi news).

Attualmente, questa misura, è stata riconfermata ad estesa a tutto il 2019.

Assegno mensile di assistenza

L’assegno mensile di assistenza spetta alle persone riconosciute invalide civili nei confronti delle quali è stata accertata una riduzione della capacità lavorativa pari a due terzi.

Requisiti:

  • un’età compresa fra i 18 e i 65 anni;
  • essere cittadino italiano residente in Italia, o essere straniero titolare di carta di soggiorno;
  • avere il riconoscimento dell’invalidità in una percentuale che vada dal 74% al 99%;
  • non svolgere attività lavorativa: il requisito è soddisfatto anche se l’attività lavorativa non comporta il superamento di un reddito personale annuo pari a 7500 euro, per lavoro dipendente, o 4500 euro per lavoro autonomo.

Il Legislatore ha presupposto di concedere il beneficio economico solo dal momento in cui sono presenti contemporaneamente tutte e tre le condizioni e cioè: accertamento dell’invalidità, situazione reddituale personale, iscrizione alle liste. Unica recente eccezione riguarda gli studenti per i quali l’iscrizione alle liste può essere sostituita da documentazione che attesti la frequenza di scuole superiori o università.

Quando si compiono 65 anni:
Al compimento del sessantacinquesimo anno di età, l’assegno mensile di assistenza si trasforma in «assegno sociale».

Incompatibilità:
L’assegno è incompatibile con l’erogazione di altre pensioni di invalidità erogate da altri organismi (come ad esempio l’INPS, l’INPDAP ecc.). È incompatibile, inoltre, con pensioni di invalidità di guerra, di lavoro e per servizio. Dopo il sessantacinquesimo anno di età l’assegno viene trasformato in pensione sociale.

 


 

APPROFONDIMENTI:

Scheda tematica: Contributi economici.
Scheda tematica: Percentuali dell’invalidità civile.
Glossario: collocamento mirato.
Glossario: carta di soggiorno.

Assegno mensile per l’assistenza personale e continuativa

L’assegno mensile per l’assistenza personale e continuativa (detto anche «assegno di accompagnamento») è una prestazione economica erogata a coloro ai quali è stata riconosciuta dall’INPS l’inabilità lavorativa e che si trovano nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, oppure hanno bisogno di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita (Legge n. 222/1984, articolo 5, comma 1).

L’assegno non è reversibile ai superstiti e, quindi, cessa di essere corrisposto alla morte del titolare.

L’assegno è concesso sulla base della domanda presentato dall’interessato e può essere chiesto contestualmente alla domanda di pensione di inabilità. La domanda deve essere presentata presso gli uffici INPS, o tramite di uno degli Enti di Patronato riconosciuti.

L’assegno non spetta per i periodi di ricovero in istituti di cura o di assistenza a carico della Pubblica Amministrazione e, nei casi di ricovero in istituti di cura o di assistenza privati, quando la relativa spesa sia assunta in carico dalla pubblica amministrazione (Legge n. 222/1984, articolo 5, comma 1, lett. a).

L’assegno è incompatibile con l’assegno mensile di assistenza personale e continuativa corrisposto dall’INAIL (Legge n. 222/1984, articolo 5, comma 1, lett. b).

L’assegno è compatibile con l’erogazione dell’indennità di accompagnamento riconosciuta alle persone invalide civili, se non derivante dalla stessa patologia, altrimenti la persona beneficiaria ha diritto di scegliere il trattamento più favorevole.

L’assegno è ridotto per coloro che fruiscono di analoga prestazione erogata da altri enti previdenziali. In questo caso l’INPS corrisponde la differenza tra le due prestazioni (Legge n. 222/1984, articolo 5, comma 1, lett. c).

Riferimenti normativi
Legge n. 222 del 12 giugno 1984, «Revisione della disciplina dell’invalidità pensionabile» [link a sito esterno].

Assegno ordinario di invalidità

L’assegno ordinario di invalidità spetta ai lavoratori dipendenti e autonomi affetti da un’infermità fisica o mentale, accertata dal medico dell’INPS, che provochi una riduzione permanente di 2/3 della capacità lavorativa, in occupazioni confacenti alle attitudini del lavoratore. Si può ottenere quando si verificano le seguenti condizioni:

  • infermità fisica o mentale;
  • anzianità contributiva di almeno cinque anni, di cui almeno tre versati nei cinque anni precedenti la domanda di pensione;
  • assicurazione presso l’INPS da almeno cinque anni.

Attenzione: l’assegno ordinario di invalidità non è una pensione definitiva: vale infatti fino ad un massimo di tre anni ed è rinnovabile su domanda del beneficiario, che viene quindi sottoposto ad una nuova visita medico-legale. Dopo due conferme consecutive l’assegno diventa definitivo.

A differenza della pensione ordinaria di inabilità, l’assegno ordinario di invalidità viene concesso anche se si continua a lavorare. In questo caso il beneficiario, ogni anno, viene sottoposto a visita medico-legale. Al compimento dell’età pensionabile l’assegno viene trasformato in pensione di vecchiaia.

La domanda di assegno di invalidità può essere presentata direttamente alla sede INPS o tramite gli Enti di patronato e di assistenza sociale, oppure inviata per posta. Il modulo che si chiama «INV1» è disponibile presso le sedi INPS e sul sito web dell’Istituto (www.inps.it nella sezione “moduli”). È necessario fornire i seguenti dati, servendosi dei moduli allegati alla domanda:

  • stato di famiglia (autocertificazione);
  • diritto alle detrazioni d’imposta;
  • situazione reddituale per accertare il diritto all’integrazione al trattamento minimo, alle maggiorazioni sociali di legge, all’assegno per il nucleo familiare o agli assegni familiari;
  • situazione reddituale per incumulabilità con altri redditi da lavoro;
  • dichiarazione di responsabilità per incumulabilità della prestazione con la rendita INAIL.

Inoltre, alla domanda devono essere allegati i medesimi documenti previsti per la pensione di inabilità.

 


 

(Da: www.inps.it)

Assegno per Assistenza Personale Continuativa

Le persone che hanno subìto infortunati sul lavoro o affetti da malattia professionale, titolari di rendita di inabilità permanente,  che necessitano dell’accompagnamento possono chiedere all’INAIL l’erogazione dell’Assegno per Assistenza Personale Continuativa (APC), che viene rivalutato annualmente e non è soggetto a tassazione IRPEF (DPR n. 1124 del 30 giugno 1965, articoli 76 e 218 e Tabella dell’allegato 3 al Testo Unico).

Può essere concesso sia su domanda della persona interessata alla sede INAIL di appartenenza, sia su espresso parere del medico dell’INAIL, al momento dell’accertamento del danno permanente.

Requisiti:

  • per eventi lesivi denunciati fino al 31 dicembre 2006: inabilità permanente assoluta del 100%, necessità di assistenza personale continuativa e presenza di una delle menomazioni indicate in apposita Tabella dell’allegato n. 3 del Decreto n. 1124/1965;
  • per eventi lesivi denunciati a decorrere dal 1 gennaio 2007: necessità di assistenza personale continuativa a causa di una  delle condizioni di menomazione previste dalla Tabella dell’allegato n. 3 del Decreto n. 1124/1965.

L’assegno per assistenza personale continuativa può:

  • essere compatibile con lo svolgimento dell’attività lavorativa (Decreto n. 1124/1965, articoli 76 e 218);
  • essere richiesto anche successivamente alla scadenza dell’ultimo termine di revisione della rendita;
  • essere revocato, anche successivamente alla scadere dell’ultimo termine di revisione della rendita, se vengono a mancare i requisiti;
  • essere concesso anche se l’assistenza è svolta da un familiare;
  • essere non concesso se l’assistenza è esercitata in luoghi di ricovero.

Per maggiori informazioni, si consiglia di visitare il sito dell’INAIL [link a sito esterno].

Assegno sociale (ex pensione sociale)

L’«assegno sociale», che è stato istituito con la Legge n. 335/1995 in sostituzione della pensione sociale, è una prestazione economica erogata dall’INPS in favore dei cittadini che abbiano compiuto il 65° anno di età e si trovino in condizioni economiche disagiate e di indigenza.

È una prestazione assistenziale e non è vincolata al versamento di contributi lavorativi previdenziali.

Ogni anno viene determinato l’importo dell’assegno sociale (distinto se il beneficiario è coniugato o meno), calcolato in base alla differenza tra il limite di reddito previsto annualmente e il reddito dichiarato, e il limite reddituale che il beneficiario non deve superare per poter continuare a ricevere l’assegno sociale. Ai fini della determinazione del reddito, si considera anche quello dell’eventuale coniuge (anche nel caso in cui il reddito del coniuge sia costituito, a sua volta, da un assegno sociale). Quando il reddito di riferimento è quello di entrambi i coniugi, il valore del limite di riferimento viene raddoppiato (leggi qui la scheda sugli importi).

L’assegno viene erogato in 13 mensilità.

L’assegno sociale non è soggetto a trattenute IRPEF (ma viene computato nel calcolo del reddito dell’eventuale coniuge).

L’assegno sociale non è reversibile ai familiari superstiti.

Attenzione: anche le persone che hanno un’invalidità civile (riconosciuta prima o dopo i 65 anni di età) hanno diritto all’assegno sociale, ma con dei criteri differenti: leggi «assegno sociale (per persone invalide ultra-sessantacinquenni)».

I requisiti per poter beneficiare dell’assegno sociale sono:

  • età pari o superiore ai 65 anni di età;
  • residenza effettiva e abituale in Italia (hanno diritto anche i cittadini comunitari ed extra-comunitari titolari di permesso di soggiorno CE, che abbiano soggiornato in Italia legalmente ed in via continuativa per almeno 10 anni);
  • presenza di un reddito di importo inferiore ai limiti stabiliti dalla legge.

L’assegno sociale, inoltre, spetta anche alle persone che sono ospiti presso una struttura di assistenza sociale o socio-sanitaria (RSA, RP, ecc.). Se la retta della struttura è pagata da un ente pubblico, l’assegno sociale spetta in misura ridotta del 50%. Se la retta è per metà a carico dell’interessato o dei propri familiari, l’importo dell’assegno sociale viene ridotto del 25%. Se, invece, la famiglia paga più della metà dell’importo della retta, l’assegno sociale è corrisposto per intero.

La domanda per ottenere l’assegno sociale deve essere presentata alla sede INPS (o tramite uno degli Enti di Patronato). Altrimenti può essere inviata per raccomandata con ricevuta di ritorno. La domanda va corredata della prevista dichiarazione reddituale. Il modulo per la domanda si può trovare presso le sedi dell’INPS (o nel sito www.inps.it) o presso gli Enti di patronato.

Il versamento dell’assegno decorre dal 1° giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda e in presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge (età, cittadinanza, residenza effettiva e dimora abituale in Italia, reddito).

 


 

Normativa di riferimento:

Legge n. 335 dell’8 agosto 1995, «Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare».

Assegno sociale (per persone invalide ultra-sessantacinquenni)

Le prestazioni economiche concesse alle persone cui è stata riconosciuta un’invalidità civile (pensione di inabilitàassegno mensile di assistenzapensione non reversibile per i sordi) non vengono più erogate dopo il 65° anno di età: il motivo deriva dal fatto che queste provvidenze economiche vengono concesse come corrispettivo di un mancato guadagno causato dalla menomazione e, quindi, la loro erogazione non trova giustificazione né per i minori di 18 anni, né le persone ultra-sessantacinquenni.

Tuttavia, al compimento del 65° anno di età, coloro che erano già titolari di prestazioni economiche legate all’invalidità civile hanno diritto, in sostituzione, all’assegno sociale (prestazione economica prevista dalla Legge n. 335/1995 in favore dei cittadini che abbiano compiuto il 65° anno di età e si trovino in condizioni economiche disagiate e di indigenza). La trasformazione è automatica e non richiede alcuna domanda.

Le condizioni di erogazione dell’assegno sociale (importo e limiti reddituali) sono due:

  • se il riconoscimento dell’invalidità è stato effettuato prima dei 65 anni, la determinazione del limite di reddito fa riferimento a quella prevista per la liquidazione dei rispettivi trattamenti di invalidità di cui le persone godevano prima del 65° anno (Sentenza della Corte Cassazione n. 668/1994, Circolare INPS n. 86/2000); quindi, si considerano soltanto i redditi personali (e non quelli del coniuge). Inoltre, l’importo del nuovo assegno non può essere inferiore all’importo della precedente prestazione economica (qualora così non fosse, verrà corrisposta la differenza a titolo di assegno ad personam). Ad esempio, se una persona percepiva la pensione di invalidità (perché riconosciuta invalida 100%) prima dei sessantacinque anni, al compimento del 65° anno, otterrà l’assegno sociale e i limite reddituale di cui dovrà tener conto sarà quello valido per la pensione di invalidità e non quello dell’assegno sociale (leggi qui la scheda sugli importi).
  • se, invece, il riconoscimento dell’invalidità è stato effettuato dopo il compimento dei 65 anni, si applica la stessa normativa riguardante la generalità dei cittadini ultra-sessantacinquenni, con gli stessi limiti di reddito personale previsti per l’assegno sociale. Inoltre, verranno calcolati anche i redditi del coniuge (vedi «assegno sociale (ex pensione sociale)»).

L’assegno sociale alle persone riconosciute invalide civili, è incompatibile con le rendite o pensioni di invalidità a carico di qualsiasi Ente (Stato, INPS, INAIL, Casse professionali, ecc.). È comunque data all’interessato la facoltà di optare per il trattamento più favorevole.

 


 

Normativa di riferimento:

Circolare INPS n. 86 del 27 aprile 2000, «Accertamento dei requisiti reddituali per il riconoscimento della pensione sociale o dell’assegno sociale sostitutivi delle provvidenze economiche per invalidità civile. Rilevanza temporale della situazione reddituale e non computabilità dei redditi esenti da IRPEF» (collegamento a sito esterno).

Decreto Legislativo n. 509 del 23 novembre 1988, «Norme per la revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, nonché dei benefici previsti dalla legislazione vigente per le medesime categorie, ai sensi dell’articolo 2, co. 1, della Legge 26.07.1988, n. 291» (collegamento a sito esterno).

Assegno vitalizio per i ciechi decimisti

Con la Legge n. 632 del 9 agosto 1954, era stato stabilito in favore dei «cittadini affetti da cecità congenita o contratta, che siano inabili a proficuo lavoro e comunque sprovvisti dei mezzi necessari per vivere» la corresponsione di un assegno vitalizio.

Dopo l’istituzione della pensione per i ciechi civili assoluti e la pensione per i ciechi parziali, con l’entrata in vigore della Legge n. 66 del 10 febbraio 1962, l’assegno vitalizio è stato soppresso per tutti, con la sola eccezione di coloro che avevano un residuo visivo superiore ad un ventesimo e non superiore ad un decimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione e che beneficiavano dell’assegno vitalizio alla data di entrata in vigore della Legge n. 66/1962 o che, alla suddetta data, avevano già proposto domanda per il conseguimento dell’assegno vitalizio.

Requisiti:

  • essere riconosciuto cieco decimista (ossia avere un residuo visivo compreso tra un decimo e un ventesimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione);
  • godere dell’assegno vitalizio prima del 1962;
  • avere cittadinanza italiana;
  • non disporre di un reddito annuale superiore a quanto annualmente viene previsto (vedi scheda con i limiti reddituali).

Riferimenti normativi:
Legge n. 632 del 9 agosto 1954 (art. 4), «Istituzione e compiti dell’Opera nazionale per i ciechi civili e concessione ai medesimi di un assegno a vita» (link a sito esterno).

Legge n. 66 del 10 febbraio 1962 (art. 19), «Nuove disposizioni relative all’Opera nazionale per i ciechi civili» (link a sito esterno).

Assistenza domiciliare diretta 

L’assistenza domiciliare diretta ha per obiettivo il sostegno dell’autonomia e della permanenza in famiglia, o comunque nel proprio ambiente. Permette di ricevere a casa propria e per il tempo necessario prestazioni di supporto sociale e servizi sanitari: le cure mediche, infermieristiche, cure di aiuto alla persona (igiene personale, governo e pulizia della casa, attività socializzazione, ecc.), cure riabilitative e la fornitura di farmaci e presìdi medici.

Vedere anche «assistenza personale autogestita»
Vedere anche «Assistenza Domiciliare Integrata (ADI)».

Assistenza domiciliare indiretta

Assistenza Domiciliare Integrata

L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) è l’integrazione del servizio di assistenza domiciliare con interventi di natura sanitaria forniti dalla ASL. È rivolto a persone con disabilità o di recente dismissione ospedaliera, che richiedono, oltre a prestazioni di natura socio-assistenziale, prestazioni infermieristiche, riabilitative, mediche o specialistiche. È un’assistenza a media e/o ad alta intensità che si ripropone di evitare ricoveri impropri e di mantenere la persona nel proprio ambiente di vita.

Si consiglia di leggere la scheda: Assistenza Domiciliare Integrata (ADI).

Assistenza personale autogestita

L’assistenza personale autogestita prevede l’assegnazione di un contributo economico per l’autogestione dell’aiuto personale, mediante l’instaurazione di un rapporto di lavoro con un operatore di fiducia della persona con disabilità, nel rispetto della normativa vigente. Lo scopo di questa tipologia di assistenza è quella di permettere alle persone con disabilità di scegliere: da chi farsi aiutare, come farsi aiutare e quando farsi aiutare. Ciò permette la promozione e l’implementazione della Vita Indipendente che si concretizza garantendo alla persona con disabilità la possibilità di: selezionare l’assistente personale, formarlo e amministrarlo in proprio.

Normativa di riferimento

Legge n. 162 del 21 maggio 1998, «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave» (collegamento a sito esterno).

Assistenza protesica

tempi minimi di rinnovo di ausili, protesi e ortesi sono stabiliti dall’articolo 5, comma 1, del Decreto Ministeriale n. 332 del 27 agosto 1999 e possono essere variati solo per gravi motivi e solo su indicazione del medico prescrittore: «la azienda USL non autorizza la fornitura di nuovi dispositivi protesici definitivi in favore dei propri assistiti di età superiore ai 18 anni prima che sia trascorso il tempo minimo di rinnovo, specifico per tipo di dispositivo, riportato nell’allegato 2 al presente regolamento». Per i dispositivi forniti ai minorenni, non si applicano i tempi minimi di rinnovo.

I tempi minimi di rinnovo sono elencati nell’Allegato II del Decreto ministeriale n. 332/1999.ù

Decreto Ministeriale n. 332 del 27 agosto 1999, «Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe» (collegamento a sito esterno).

Assistenza residenziale e semi-residenziale

Nell’ambito dell’assistenza territoriale, con i termini «assistenza residenziale» e «assistenza semi-residenziale» si intende il complesso integrato di interventi, procedure e attività sanitarie e socio-sanitarie erogate a persone con disabilità in condizione di non autosufficienza e non assistibili a domicilio, all’interno di idonee unità d’offerta accreditate per la specifica funzione.

Assistenza riabilitativa

VA INSERITA DA ZERO

Atti quotidiani della vita

Gli «atti quotidiani della vita» sono un insieme di attività di vita quotidiana che dovrebbe compiere una persona senza specifiche patologie la cui compromissione (totale o parziale) è costituisce uno dei due criteri che vengono valutati per concedere l’indennità di accompagnamento per gli invalidi civili (l’altro quesito è il grave impedimento dell’attività deambulatoria).

Nella letteratura internazionale si distingue fra «atti elementari» e «atti strumentali» della vita quotidiana.

Sono «atti elementari»:

  • fare il bagno (è ammessa l’assistenza nel lavare non più di una parte del corpo);
  • vestirsi (è escluso l’allacciarsi le scarpe);
  • usare il gabinetto (include recarvisi con ausili, pulirsi e rivestirsi da solo);
  • mobilità (alzarsi e sedersi sulla sedia senza appoggiarsi; è incluso l’uso del bastone);
  • continenza (controllo completo di feci ed urine);
  • alimentazione (è escluso il tagliare la carne).

Sono «atti strumentali» della vita quotidiana:

  • la capacità di usare il telefono;
  • di fare acquisti e gestire il denaro;
  • di preparare il cibo;
  • di governare la casa;
  • di cambiare la biancheria;
  • di usare i mezzi di trasporto;
  • di essere responsabili nell’uso dei farmaci;
  • di essere capaci di maneggiare il denaro.

Le “Linee Guida operative in invalidità civile” dell’INPS 

Nelle “Linee Guida operative in invalidità civile” emanate dall’INPS con una Comunicazione del 20 settembre 2010 del Direttore Generale ai tutti i Dirigenti regionali INPS, elaborate con il contributo del Coordinamento Medico Legale, vi sono anche indicazioni relative ai requisiti sanitari per la concessione dell’indennità di accompagnamento, costituendo il riferimento operativo a cui i medici INPS si dovranno attenere nella valutazione dell’invalidità civile.

In merito agli atti quotidiani della vita, l’INPS ritiene che quelli da valutare ai fini dell’indennità di accompagnamento sono quelli “elementari” e limitati alla propria abitazione.

Le attività extradomiciliari (saper orientarsi, saper prendere un mezzo pubblico, saper chiedere aiuto o un’informazione) non hanno rilevanza ai fini valutativi.

Nota: le Linee Guida dell’INPS operano un’interpretazione molto più restrittiva di quello che la normativa prevede nel valutare i criteri per assegnare l’indennità di accompagnamento. Per questo motivo, la FISH e altre associazioni hanno sollevato forti critiche all’operato dell’INPS. Si propone la lettura del commento che Carlo Giacobini ha pubblicato su Handylex.org (leggi qui).

Ausili

Ausili con sistema ad assorbenza

Gli ausili con sistema ad assorbenza, comunemente definiti “pannoloni”, sono costituiti da un supporto di materiale esterno impermeabile di cellulosa (di spessore maggiore nella parte centrale), ricoperti di un telo ipoallergenico nella parte a contatto con la pelle. Ne esistono di varie forme e misure per adattarsi al meglio alle esigenze e alle caratteristiche della persona (pannoloni a mutandina, sagomati, rettangolari, pannoloni a cintura, pannolini per piccole perdite). Alcuni prodotti, quali i pannolini per le piccole perdite, dispongono inoltre di efficaci sistemi per il controllo dell’odore e permettono alla persona che li utilizza di mantenere inalterato il proprio stile di vita. 

 

Ausili con sistema di raccolta

Gli ausili con sistema di raccolta hanno la funzione di raccogliere le urine e le feci di persone che portano sacche di raccolta o cateteri vescicali, oppure che hanno problemi di incontinenza derivante da stomìe.

 

Ausili tecnici ed informatici

Gli ausili tecnici ed informatici (definiti anche «sussidi») sono rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’inclusione delle persone con disabilità cui è stato riconosciuto lo «stato di handicap» ai sensi dell’articolo 3 della Legge n. 104 del 5 febbraio 1992.

L’articolo 2, comma 9, della Legge n. 30 del 28 febbraio 1997 – di conversione del Decreto Legge n. 669 del 31 dicembre 1996 – estende anche agli «ausili tecnici ed informatici» la possibilità di essere acquistati con l’IVA al 4%, purché siano rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazione delle persone con disabilità riconosciuta in «stato di handicap» ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 104/1992. Precedentemente questa possibilità era prevista solo agli ausili relativi a menomazioni funzionali permanenti previste dalla Legge n. 263 del 28 luglio 1989 (di conversione del Decreto Legge n. 202 del 29 maggio 1989).

Successivamente, il Decreto del Ministero delle Finanze del 14 marzo 1998 ha definito gli ausili tecnici ed informatici come segue: «[…] apparecchiature e dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, appositamente fabbricati o di comune reperibilità, preposti ad assistere la riabilitazione, o a facilitare la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o grafica, il controllo dell’ambiente e l’accesso alla informazione e alla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impedite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio».

Come afferma anche l’Agenzia dell’Entrate (Risoluzione n. 57 del 3 maggio 2005), il “controllo dell’ambiente”, che costituisce una delle finalità alla quale i sussidi tecnici devono essere rivolti per usufruire della riduzione dell’aliquota IVA, va intesa in riferimento all’installazione di strumenti basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche che consentano alla persona con disabilità il superamento degli impedimenti derivanti da un ambiente non fruibile, oppure il parziale recupero di migliori capacità motorie, uditive, visive o di linguaggio.

All’uso dell’ausilio deve, in altre parole, far riscontro il conseguimento di una maggiore autosufficienza o integrazione da parte della persona con disabilità, la quale, da tale mezzo, trarrebbe il vantaggio di vedere annullate o ridotte le difficoltà in rapporto relazionale e funzionale con l’ambiente.

Costituiscono esempi di tali ausili i dispositivi a telecomando che consentono l’apertura o la chiusura di porte o finestre, l’accensione o lo spegnimento di luci, la possibilità di rispondere al citofono e al telefono, di gestire gli elettrodomestici, la televisione, oppure gli strumenti meccanici che consentano di conferire una certa autonomia permettendo, ad esempio, alla persona di passare dalla carrozzina al letto o viceversa.

 


 

RIFERIMENTI NORMATIVI

Legge n. 104 del 5 febbraio 1992, «Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate» [link a sito esterno].

Legge n. 30 del 28 febbraio 1997, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, recante disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra finanziaria pubblica per l’anno 1997» [link a sito esterno].

Decreto Ministeriale – Ministero delle Finanze del 14 marzo 1998, «Determinazione delle condizioni e delle modalità alle quali è subordinata l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 4 per cento ai sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicap». [link a sito esterno]

Autonomia

L’autonomia (o autodeterminazione) è la capacità di attuare processi decisionali, in ordine a degli scopi posti dalla persona stessa e avere il diritto di esercitarli. Autonomia (o autodeterminazione) ed autosufficienza non vanno di pari passo.

Autosufficienza

L’autosufficienza è la capacità di prendersi cura della propria persona (nell’igiene personale, nell’abbigliamento, nell’alimentazione, negli spostamenti e nei trasferimenti) e della propria salute senza dover ricorrere al supporto di ausili o di altre persone.

Per determinare il livello di autosufficienza di una persona è necessario valutare la capacità che l’individuo possiede all’interno del proprio ambiente di vita. Con «capacità» l’ICF intende «l’abilità dell’individuo nell’eseguire un compito o un’azione». La capacità viene misurata in un ambiente uniforme o standard. Il concetto di capacità, quindi, è legato al più alto livello di funzionamento che una persona può raggiungere nell’esecuzione di un compito o di un’azione.

Autosufficienza ed autonomia (o autodeterminazione) non vanno di pari passo.

Azienda Ospedaliera

L’Azienda Ospedaliera (AO) raggruppa più strutture ospedaliere, sia pubbliche che private, con finalità di “produzione” di cure e interventi sanitari, con autonomia di gestione economica e finanziaria e obbligo al pareggio di bilancio.

In Umbria insistono:

Azienda Sanitaria Locale

L’Azienda Sanitaria Locale (ASL) è la struttura territoriale, dipendente dalla Regione, deputata a tutelare la salute dei cittadini ed a garantire loro i livelli di assistenza definiti dalla programmazione nazionale e regionale, avvalendosi dei propri presìdi e servizi, nonché di strutture sanitarie accreditate o in convenzione. Le ASL sono gestite da un Direttore Generale e si articolano in distretti socio-sanitari e dipartimenti.

La ASL n. 4 di Terni è così articolata:

  • Distretto socio-sanitario n. 1 – Terni
  • Distretto socio-sanitario n. 2 – Narni-Amelia
  • Distretto socio-sanitario n. 3 – Orvieto

Ogni distretto si articola in Centri di Salute (CdS) e in “Aree di assistenza” (Dipartimenti).

Per maggiori informazioni in merito ai servizi socio-sanitari della ASL n. 4 di Terni, si rimanda al Servizio di Contact Center di questo sito.

Lettera B

Barriere

Secondo il modello proposto dalle due Classificazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICF e ICF-CY), le «barriere» sono dei «fattori nell’ambiente di una persona che, mediante la loro assenza o presenza, limitano il funzionamento e creano disabilità. Essi includono aspetti come un ambiente fisico inaccessibile, la mancanza di tecnologia d’assistenza rilevante e gli atteggiamenti negativi delle persone verso la disabilità, e anche servizi, sistemi e politiche inesistenti o che ostacolano il coinvolgimento delle persone con una condizione di salute in tutte le aree di vita».

Vedere anche «facilitatori».

Barriere architettoniche

Per barriere architettoniche si intendono:

  • gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
  • la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.

La problematica, infatti, non deve essere pensata solo riguardo alle persone con difficoltà di deambulazione, ma a tutti coloro che, anche per motivi di età o di eventi occasionali, si trovano nelle condizioni di non poter usare una scala, un ingresso, una semplice maniglia, un interruttore, un ascensore, un servizio igienico. Queste ultime persone possono essere: gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i bambini, chi ha un arto ingessato ed altri.

Le barriere architettoniche posso essere fonte di:

  • danno alla salute della persona con disabilità (affaticamento, pericolo, lesioni, ecc.);
  • danno esistenziale, in quanto rappresentano tutti gli impedimenti che la persona subisce sul piano delle attività della vita quotidiana, attraverso le quali persegue il proprio sviluppo individuale e, quindi, si configurano come situazioni ambientali che interagiscono negativamente con i diritti della persona e con il suo patrimonio;
  • danno sociale: incidono sul diritto ad un pieno inserimento sociale, che ha come condizione la possibilità per la persona con disabilità di accedere, in autonomia e sicurezza, dove meglio crede in base alle sue necessità, interessi ed aspirazioni.

Bisogni Educativi Speciali

L’espressione «Bisogni Educativi Speciali (BES)» è entrata nel lessico scolastico italiano dopo l’emanazione della Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 «Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica».

La Direttiva ne precisa il significato: «L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse».

L’utilizzo dell’acronimo «BES» può essere applicato ad una vasta area di alunni che necessitano più che mai della personalizzazione dell’insegnamento, soprattutto laddove ci siano particolari necessità peculiari, intensive e durature.

Budget di salute

Il «budget di salute» (o bilancio di salute), detto anche «budget di progetto», è una nuova metodologia di gestione delle risorse a disposizione per ciascuna persona con disabilità. Il budget di salute rappresenta l’unità di misura delle risorse economiche, professionali e umane, necessarie per innescare un processo di capacitazione volto a ridare ad una persona un funzionamento sociale accettabile, alla cui produzione partecipano la persona stessa, la sua famiglia e la sua comunità.

Questo strumento risponde alla domanda su quali e quante risorse professionali, umane ed economiche sono necessarie per restituire funzionamento sociale, diritti e prognosi positive a persone istituzionalizzate o a grave rischio di istituzionalizzazione, a causa o in modo concomitante a malattie croniche e/o cronico degenerative e disabilità sociale (processo di capacitazione).

Per ulteriori informazioni, si consiglia la lettura di:«I Budget di Salute e il Welfare di Comunità Metodi e pratiche di costruzione» di Angelo Rigetti.

Lettera C

Capacità residua

È un concetto per il quale ci si concentra «non tanto sulle limitazioni derivanti dalla disabiltà, quanto piuttosto sulle capacità che la persona può ancora mettere in gioco e su quelle che, seppur compromesse, possono essere adeguatamente recuperate e valorizzate, spostando così l’attenzione anche sulla qualità e quantità di assistenza che può essere necessaria per i singoli individui con disabilità». La Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 esprime l’esigenza di valutare la cosiddetta “capacità residua” della persona con disabilità. L’espressione “capacità residua” significa ciò che la persona è effettivamente in grado di compiere. Tale “capacità” «è globale, complessiva, e quindi tale da non poter essere ricondotta solo alla sfera lavorativa della persona considerata. Tantomeno ha un valore […] negativo […], quanto piuttosto assume il significato di una capacità umana diversa da quelle ritenute normali, da individuare e da valorizzare».

 

(Da: www.provincia.padova.it).

Casa famiglia

 La casa-famiglia è una struttura di accoglienza che si pone come alternativa agli istituti. Si caratterizza per il « numero ridotto di persone accolte, per garantire che i rapporti interpersonali siano quelli di una famiglia. La casa deve avere le caratteristiche architettoniche di una comune abitazione familiare […] e deve essere radicata nel territorio, deve, cioè, usufruire dei servizi locali (negozi, luoghi di svago, istruzione) e partecipare alla vita sociale della zona collaborando con le strutture pubbliche e private».  (Da: www.wikipedia.org).

Case management

Il case management è un processo collaborativo che attraverso la comunicazione e l’uso delle risorse disponibili è volto alla programmazione, all’attuazione, al coordinamento, al monitoraggio e alla verifica delle opportunità e dei servizi per rispondere ai bisogni dell’individuo, in modo da garantire la qualità dell’assistenza e il controllo dei costi.

Vedere anche «case manager» e «presa in carico».

Case manager 

Il case manager è individuato prioritariamente nella figura dell’assistente sociale del Centro di Salute (CdS) ed è responsabile della presa in carico della persona, della continuità dell’erogazione delle prestazioni e della globalità dell’intervento.

Vedere anche «case management».

Casi complessi

La ASL n. 4 di Terni definisce casi complessi quelle situazioni che necessitano dell’attivazione di due o più servizi della rete e/o che necessitano, nell’ambito del loro piano assistenziale, di interventi intensivi, continuativi e globali.

Categorie protette

Vengono definite «categorie protette» le persone che, a causa di una condizione personale, sociale o familiare, necessitano di una “protezione” aggiuntiva da parte dello Stato rispetto agli altri cittadini nell’accesso al lavoro.

Rientrano nelle categorie protette: le persone che hanno un riconoscimento di invalidità civileinvalidità per lavoroinvalidità per servizio e invalidità di guerra; persone non vedenti, persone sordomute, profughi, vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, orfani e coniugi superstiti di deceduti sul lavoro, in guerra o per servizio.

La normativa di riferimento è la Legge n. 68 del 12 marzo 1999, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili» (collegamento a sito esterno), che affida il compito di provvedere all’inserimento professionale delle categorie di cui sopra (ad eccezione delle vittime del terrorismo che seguono una procedura diversa) ai Centri per l’Impiego provinciali, individuati dalle singole Regioni, i quali provvedono ad un avviamento numerico (pubblicazione di bandi riservati ai lavoratori iscritti al collocamento mirato della provincia e relativa graduatoria da cui attingono le amministrazioni previa verifica dell’idoneità professionale al profilo individuato).

Per le vittime del terrorismo, la normativa di riferimento è la Legge n. 407 del 23 novembre 1998 e s.m.i., «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata».

Cecità

È affetta da cecità la persona priva della capacità visiva. La Legge n. 138 del 3 aprile 2001 opera un classificazione tecnico-scientifica della riduzione dei livelli di funzionamento della vista come segue:

La cecità può essere:

  • acquisita: legata ad alterazione di carattere ereditario;
  • congenita: legata ad affezioni materne fetali;
  • mono-laterale: di un solo occhio;
  • bilaterale: di entrambi gli occhi.

In rapporto al tipo di lesione, inoltre, si distinguono:

  • la «cecità sensoriale», dovuta a lesione retiniche (retinite, degenerazione retinica, emorragie, tumori retinici, traumi), che non permettono di percepire gli stimoli luminosi;
  • la «cecità di conduzione» provocata da lesioni o alterazioni dei nervi ottici a causa di traumi, tumori, flogosi e via dicendo;
  • la «cecità corticale», dovuta al lesioni dei centri cerebrali corticali della visione, che possono essere causate da emorragie, emboli, tumori, e così via, per cui viene a mancare la capacità di ricezione cerebrale dello stimolo visivo.

In relazione alla durata, la cecità può essere:

  • temporanea: suscettibile di guarigione;
  • definitiva: nelle affezioni di tipo congenito e nelle lesioni locali inguaribili.

 


 

TABELLE MINISTERIALI:
Il calcolo delle percentuali di invalidità civile per coloro che sono affetti da cecità è regolato dal Decreto Ministeriale del 5 febbraio 1992. Le specifiche norme che istituiscono provvidenze peculiari per i ciechi utilizzano la seguente distinzione:

 


 

RIFERIMENTI NORMATIVI:
Legge n. 138 del 3 aprile 2001, «Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici».

Decreto Ministeriale – Ministero della Sanità – del 5 febbraio 1992, «Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d’invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti».

Celiachia

«Sindrome da malassorbimento indotta dall’ingestione di cibi contenenti glutine. In individui privi degli enzimi per la digestione di tale complesso proteico, la celiachia è caratterizzata da diarrea con feci grasse. È causata da un’intolleranza alle proteine del glutine, provoca scadimento delle condizioni generali e ridotto accrescimento».

 

(Da: Nicola Zingarelli, «Vocabolario della lingua italiana», Zanichelli, 2006).

Centri di Servizio per il Volontariato

Centri di Servizio per il Volontariato, disciplinati con la Legge-quadro n. 266/1991, supportano le associazioni di volontariato con la specifica funzione di sostenerne e qualificarne l’attività. Sono costituiti e governati dalle organizzazioni di volontariato. Sono, infatti, oltre 5.000 le organizzazioni di volontariato associate.

I Centri di Servizio per il Volontariato sono presenti in tutte le province italiane, tranne che a Bolzano. In totale sono 77, di cui 67 aderiscono al Coordinamento Nazionale (CSV.net).

In Umbria sono presenti due Centri di Servizio per il Volontariato:


Normativa di riferimento

Legge-quadro n. 266 dell’11 agosto 1991, «Legge-quadro sul volontariato».

Centri diurni

«Un centro diurno è una struttura semi-residenziale aperta e flessibile, in cui, attraverso interventi integrati assistenziali, educativi/rieducativi, abilitativi/riabilitativi, si agisce per lo sviluppo ed il mantenimento delle capacità residue e dei livelli di autonomia raggiunti e di ogni possibile integrazione sociale dei soggetti con disabilità psico-fisica plurima, di rilevante entità».

(Dall’art. 8 della Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 «Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate». Pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 39 della Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 1992).

 

I centri diurni «sviluppano attività di natura ricreativa, culturale e socializzante, favorendo il massimo grado di partecipazione degli utenti all’organizzazione ed alla gestione delle attività. Possono erogare alcuni servizi di natura socio-assistenziale (pasto, bagno) ed essere sede di servizi sanitari ambulatoriali. Attraverso un sistema di trasporto assistito possono accogliere persone con scarsa autonomia, consentendo loro la continuità delle relazioni sociali».

 

(Da: www.socialinfo.it).

 

Per maggiori informazioni, si consiglia di consultare le seguenti schede:

Centro di Salute

Il Centro di Salute (CdS) costituisce una parte operativa del distretto sanitario ed eroga le prestazioni direttamente sul territorio a contatto con i cittadini dei diversi Comuni appartenenti alla ASL.

Il Centro di Salute ha le seguenti funzioni:

  • lettura dei bisogni del territorio e della domanda di assistenza;
  • attività di iniziativa tramite interventi di promozione della salute, prevenzione primaria e secondaria rivolta alla persona ed educazione alla salute in integrazione con il Dipartimento di Prevenzione;
  • interazione con l’assistenza primaria anche tramite le équipe territoriali (medico di medicina generale e della continuità assistenziale) al fine di garantire la continuità assistenziale e l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), migliorare l’appropriatezza nella domanda e nella utilizzazione dell’assistenza specialistica, farmaceutica e dei servizi residenziali e semiresidenziali.

Il Responsabile del Centro di Salute adotta la metodologia del lavoro in équipe al fine di ottimizzare l’apporto delle diverse figure professionali. I Responsabili dei Centri di Salute concordano ogni anno il piano di attività con il Direttore di Distretto e partecipano alla predisposizione del Programma annuale delle attività.

La ASL n. 4 di Terni è composta di tre Centri di Salute, ciascuno suddivido in Punto di Erogazione Servizi (PES):

Centro di Salute n. 1:

  1. PES «Tacito»
  2. PES «Valnerina»

Centro di Salute n. 2:

  1. PES «Ferriera-Collescipoli-Cervino»
  2. PES «Stroncone»
  3. PES «Piediluco-Velino-Marmore»

Centro di Salute n. 3:

  1. PES «Colleluna»
  2. PES «Acquasparta»
  3. PES «San Gemini»

Centro per l'Impiego

Il Centro per l’Impiego eroga «servizi di informazione, orientamento professionale e consulenza in materia di normativa del lavoro e delle incentivazioni ed agevolazioni alle persone ed alle imprese, sui servizi e sugli interventi progettuali e coordinati a livello locale in materia di politiche formative e del lavoro; svolge la funzione di preselezione ed incrocio della domanda e dell’offerta di lavoro per le aziende e per gli entri richiedenti; promuove i servizi presso clienti: imprese e persone; svolge adempimenti amministrativi di registrazione, certificazione e archiviazione delle posizioni lavorative (…) svolge inoltre la funzione di snodo e rinvio ad altre strutture provinciali o convenzionate per l’erogazione dei servizi specialistici».

 


 

(Da: www.provincia.terni.it).

Certificazione

«La certificazione è il documento che definisce clinicamente la persona con disabilità». Lo rilasciano le strutture sanitarie convenzionate (pubbliche o private) «che hanno in carico e seguono per finalità terapeutiche o riabilitative» la persona con disabilità.

 

(Da: Trisciuzzi, «Manuale di didattica per l’handicap», Laterza, 2004).

Checklist ICF

La Checklist ICF della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è uno strumento che serve ad evidenziare e registrare informazioni sul funzionamento e sulle disabilità di una persona in qualunque condizione di salute, dove vi sia la necessità di valutarne lo stato a livello corporeo, personale o sociale. L’uso della Checklist ICF, che deve essere adoperata assieme al Manuale ICF, è pensata per un utilizzo professionale e quindi si rivolge a psicologi, clinici e professionisti del settore sociale o sanitario.

Approfondimenti

Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute (ICF).

Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute

La Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute (ICF) è lo strumento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, riconosciuto da 191 Paesi, per descrivere la salute e la disabilità delle popolazioni. Lo strumento è nato nel 2001 ed ha un approccio rivoluzionario nella definizione e nella percezione dei concetti di «salute» e «disabilità»: i nuovi princìpi indicano l’importanza di un approccio integrato, che tenga conto dei fattori ambientali, classificandoli in maniera sistematica. Questo approccio, infatti, correla lo stato di salute della persona con disabilità con l’ambiente in cui vive, arrivando così a definire la disabilità come una condizione di salute negativa in un ambiente sfavorevole (presenza di barriere, assenza di facilitatori). L’approccio adoperato dall’ICF segue i princìpi del modello bio-psico-sociale.

Approfondimenti
Per maggiori informazioni sull’ICF e sugli aggiornamenti periodici: www.reteclassificazioni.it [link a sito esterno].

Parole correlate:

Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute per bambini e adolescenti

La Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute per bambini e adolescenti (ICF CY) è lo strumento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per descrivere e misurare la salute e la disabilità di bambini e adolescenti. È basata sulla struttura concettuale dell’ICF ed utilizza un linguaggio e una terminologia comuni per documentare i problemi e disturbi relativi alle funzioni e alle strutture corporee, alle limitazioni dell’attività e alle restrizioni della partecipazione che si manifestano nella prima infanzia, nell’infanzia e nell’adolescenza, e i fattori ambientali rilevanti. Adotta, quindi, il modello «bio-psico-sociale».

La necessità di realizzare una Classificazione specifica per l’infanzia e l’età evolutiva (0-18 anni) nasce dal fatto che i primi due decenni di vita di una persona sono caratterizzati da una rapida crescita e da cambiamenti significativi nello sviluppo fisico, sociale e psicologico Contemporaneamente, avvengono altri cambiamenti che definiscono e caratterizzano la natura e la complessità dell’ambiente infantile stesso durante la prima infanzia, l’infanzia, la pre-adolescenza e l’adolescenza.

Approfondimenti:
Per maggiori informazioni sull’ICF-CY e sugli aggiornamenti periodici: www.reteclassificazioni.it [link a sito esterno].

Parole correlate:
Checklist ICF;
Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute (ICF).

Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli Handicap

La Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli Handicap – ICIDH (International Classification of Impairments Disabilities and Handicaps) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nasce del 1980 e distingue tra:

  • Menomazione: perdita o anormalità a carico di una struttura o una funzione psicologica, fisiologica o anatomica e rappresenta l’estensione di uno stato patologico. Se tale disfunzione è congenita si parla di minorazione;
  • Disabilità: qualsiasi limitazione della capacità di agire, naturale conseguenza ad uno stato di minorazione/menomazione;
  • Handicap: svantaggio vissuto da una persona a seguito di disabilità o minorazione/menomazione.

Per l’ICIDH, quindi, la disabilità viene intesa come la difficoltà che la persona presenta a livello personale, mentre l’handicap rappresenta lo svantaggio sociale della persona.

L’ICIDH prevede la sequenza: Menomazione – Disabilità – Handicap.

L’ICIDH, negli anni, ha mostrato una serie di limitazioni:

  • la sequenza descritta non è automatica, in quanto uno svantaggio può essere diretta conseguenza di una menomazione, ma senza la mediazione dello stato di disabilità;
  • la sequenza può essere interrotta, nel senso che una persona può avere una menomazione senza avere una disabilità;
  • non viene considerato che la disabilità è un concetto dinamico, in quanto può anche essere solo temporanea;
  • vengono considerati solo i fattori patologici, mentre un ruolo determinante nella limitazione o facilitazione dell’autonomia della persona è giocato dai fattori ambientali.

Negli anni Novanta, l’OMS ha commissionato a un gruppo di esperti di riformulare l’ICIDH tenendo conto di questi limiti. Nel 2001, l’OMS pubblica la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute (ICF) che sostituisce l’ICIDH che non verrà più adoperato.

Clearance

«Tecnica usata nello studio della funzionalità renale, consistente nella determinazione del volume di plasma (o di sangue) che il rene è in grado di depurare, nell’unità di tempo, da una sostanza normalmente presente o introdotta a scopo diagnostico».

 

(Da: Nicola Zingarelli, «Vocabolario della lingua italiana», Zanichelli, 2006).

Clistere

Procedura di «somministrazione di sostanze» liquide a fini purgativi o medicamentosi «a scopo curativo per mezzo di una cannula introdotta nel retto».
(Da: www.dica33.it).

Co-housing

Con il termine «co-housing» [lett. co-abitazione] si intende una modalità di abitare in complessi composti da alloggi privati corredati da ampi spazi comuni destinati alla condivisione tra persone che co-abitano (co-houser). Vivere in modalità co-housing significa vivere secondo in equilibrio tra l’autonomia della casa privata e la socialità degli spazi comuni, all’interno di luoghi co-progettati da e con le persone che li abiteranno.

Tuttavia, non è possibile darne una definizione univoca, poiché non tutte le comunità abitative che si definiscono co-housing rispondono per intero a requisiti univoci e possono assumere proprie peculiarità.

Cercando di riassumerle, è possibile individuare le seguenti caratteristiche:

  • la «dimensione sociale» degli interventi, che può esplicitarsi in varie forme: residenze con spazi comuni destinati alla socializzazione; strutture con servizi comuni (servizi socio-sanitari, socio-assistenziali e di accompagnamento, assistenza domiciliare per persone anziane e/o con disabilità, dopo-scuola, babysitting, ecc.); progetti abitativi che puntano sul coinvolgimento diretto e attivo dei residenti nella fase di progettazione e realizzazione, così come nella manutenzione (progetti di auto-costruzione, di auto-recupero, ecc.); apertura dei servizi forniti ai residenti al vicinato (sviluppo di comunità);
  • alloggi caratterizzati dalla co-abitazione tra gruppi sociali eterogenei, spesso a rischio di esclusione o istituzionalizzazione (persone anziane, madri sole, giovani coppie, persone con disabilità);
  • a differenza dell’edilizia residenziale pubblica – dove prevale la dimensione economica (l’obiettivo è di offrire un’abitazione a chi ha basso reddito) – nel co-housing l’azione si concentra piuttosto sulla possibilità di usufruire di determinati servizi o sulla volontà di ricercare un nuovo modo di abitare;
  • c’è una forte partnership pubblico/privato/non profit sia nel finanziamento che nella gestione degli interventi. L’offerta di soluzioni abitative non è quindi esclusiva del soggetto pubblico, ma si allarga a soggetti eterogenei provenienti dal settore privato, dal terzo settore e dal mondo delle fondazioni.

 

Cosa non è il co-housing

Non è un «eco-villaggio» (ma adotta i princìpi della sostenibilità ambientale): l’eco-villaggio è un tipo di comunità basata principalmente e totalmente sulla sostenibilità ecologica. I nuclei abitativi sono progettati per ridurre al minimo l’impatto ambientale, è ammesso solo l’uso di energie rinnovabili e l’autosufficienza alimentare basata esclusivamente sulla «permacultura» (metodo di coltivazione che, sulla base di princìpi e strategie ecologiche, permette di progettare insediamenti agricoli simili agli ecosistemi naturali) o altre forme di agricoltura biologica.

Non è una modalità di «residenzialità sociale» (ma promuove la socialità e le pratiche di supporto reciproco): ricadono nella residenzialità sociale quegli edifici che sono realizzati per essere venduti e/o affittati, secondo regole “diverse” da quelle del libero mercato, a determinate fasce di popolazione, considerate deboli, ma non sufficientemente deboli da poter accedere alla “case popolari”.

Non è una «comune» (ma valorizza spazi e servizi comuni come occasione di qualità della vita): la comune è un luogo dove sono preponderanti gli aspetti della comunità, della condivisione totale, dell’autogoverno, dell’organizzazione in collettivi, della messa in comune di risorse, beni e così via, finalizzati ad uno stile di vita totalmente comunitario.

Tratto da: Cohousing.it e da Secondowelfare.it

Collocamento mirato

Per «collocamento mirato» delle persona con disabilità si intende «quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione».

Dall’articolo 2 della Legge n. 68 del 12 marzo 1999, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili» (collegamento a sito esterno).

Commissione Medica di verifica

La Commissione Medica di verifica, situata presso l’INPS, svolge la funzione di controllo, sotto il profilo sostanziale e formale, dei verbali di visita redatti dalla Commissione Medica della ASL e provvede a convalidarli o a procedere alle verifiche del caso. La Commissione di verifica, infatti, dandone adeguata motivazione, può disporre la sospensione della procedura di riconoscimento dell’invalidità civile, richiedendo ulteriori accertamenti, da effettuarsi presso la stessa ASL o presso la Commissione di verifica.
La Commissione di Verifica può confermare o modificare la valutazione della Commissione Medica della ASL con le conseguenze, in termini di percentuale di invalidità e/o di provvidenze economiche, che ne conseguono. Effettuati gli accertamenti la Commissione Medica ASL redige un nuovo verbale che trasmette per la convalida definitiva alla Commissione di verifica. Viene disposta la revoca della provvidenza economica, se in essere, solo se l’interessato si sottrae alla eventuale visita o accertamento specialistico richiesti dalla Commissione di verifica.

Commissione Medica patenti speciali

La Commissione Medica patenti speciali (detta anche Commissione Medica Locale) è preposta all’accertamento dell’idoneità alla guida delle persone con disabilità. Vi è solitamente almeno una Commissione per provincia. La Commissione Medica patenti speciali è presieduta, di norma, dal Responsabile della medicina legale della Azienda USL in cui è situata, ed è composta da altri due medici e integrata (nel caso delle patenti speciali) da un medico dei servizi territoriali della riabilitazione e da un ingegnere della Motorizzazione Civile Trasporti in Concessione (MCTC). A sua volta la Commissione Medica patenti speciali può avvalersi anche di altri esperti.

(Da: www.handylex.org).

Commissione Medica per l'accertamento dello stato di handicap

La Commissione Medica per l’accertamento dello stato di handicap è composta da uno specialista in medicina legale (presidente) e da due medici (di cui uno specialista in medicina del lavoro). I medici sono scelti tra i medici dipendenti o convenzionati dell’ASL territorialmente competente.

 

La Commissione è la stessa che accerta l’invalidità civile, ma è integrata da un operatore sociale e un esperto nei casi da esaminare.

 

Alla Commissione medica partecipa, di volta in volta, un sanitario in rappresentanza delle seguenti Associazioni:

 

  • Associazione Nazionale dei Mutilati ed Invalidi Civili (ANMIC);
  • Unione Italiana Ciechi (UIC);
  • Ente Nazionale per la protezione e l’assistenza ai Sordomuti (ENS);
  • Associazione Nazionale delle Famiglie Disabili Intellettivi e Relazionali (ANFFAS).

I sanitari sono chiamati in riferimento alla appartenenza della persona ad una specifica associazione.

 

(Da: Centro per l’Autonomia Umbro).

Commissione Medica per l'invalidità civile

La Commissione Medica per l’invalidità civile è composta da uno specialista in medicina legale (presidente) e da due medici (di cui uno specialista in medicina del lavoro) scelti tra i medici dipendenti o convenzionati dell’ASL territorialmente competente. Alla Commissione medica partecipa, di volta in volta, un sanitario in rappresentanza delle seguenti Associazioni:

 

  • Associazione Nazionale dei Mutilati ed Invalidi Civili (ANMIC);
  • Unione Italiana Ciechi (UIC);
  • Ente Nazionale per la protezione e l’assistenza ai Sordomuti (ENS);
  • Associazione Nazionale delle Famiglie Disabili Intellettivi e Relazionali (ANFFAS).

I sanitari sono chiamati in riferimento alla appartenenza della persona ad una specifica associazione.


 

 

(Da: Centro per l’Autonomia Umbro).

Comorbilità

«Presenza di più malattie nella stessa persona, circostanza più frequente nell’anziano e rilevante almeno per due ragioni. Primo, implica multi-terapie e comporta un rischio maggiore di reazioni avverse per l’interazione tra i farmaci. Secondo, ha come circostanza di fondo la compromissione o, almeno, la precarietà di molti meccanismi omeostatici di compenso del corpo. Di conseguenza, in caso di comorbilità si possono avere significativi peggioramenti generali per nuovi problemi di piccola entità o anche significativi miglioramenti di una funzione con la risoluzione di un problema funzionalmente distante».

 

(Da: www.socialinfo.it).

Comunità alloggio

La «comunità alloggio» è uno dei servizi residenziali di tipo comunitario previsti dalla Legge n. 104/1992 (articolo 8, comma 1, lettera i) per favorire la de-istituzionalizzazione delle persone con disabilità per le quali – temporaneamente o permanentemente – non sia possibile attivare servizi e prestazioni domiciliari, a causa dell’inidoneità dell’abitazione o della mancanza di un sostegno familiare appropriato.

Le caratteristiche delle comunità alloggio sono definite dal Decreto del Ministero per la solidarietà sociale n. 308 del 21 maggio 2001, il quale include questo tipo di servizi all’interno delle «strutture a carattere comunitario», strutture caratterizzate per avere una «bassa intensità assistenziale, bassa e media complessità organizzativa, destinate ad accogliere utenza con limitata autonomia personale, priva del necessario supporto familiare o per la quale la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente contrastante con il piano individualizzato di assistenza».

Nel dettaglio, il Decreto prevede che tali strutture abbiano:

  • capacità recettiva: da 7 a 20 posti letto, compresi eventuali posti letto per emergenze (per le strutture per minorenni, massimo 10 posti letto più eventuali 2 posti letto per emergenze);
  • camere da letto: singole e doppie;
  • servizi igienici: un servizio igienico attrezzato per la non autosufficienza ogni 4 ospiti (nelle strutture per minori 1 servizio igienico ogni 4 ospiti);
  • presenza di una linea telefonica a disposizione degli ospiti.

Le caratteristiche strutturali, organizzative e tecnologiche devono permettere l’erogabilità delle seguenti prestazioni:

  • somministrazione dei pasti;
  • assistenza agli ospiti nell’espletamento delle normali attività e funzioni quotidiane;
  • attività aggregative e ricreativo-culturali;
  • eventuali prestazioni sanitarie in relazione alle specifiche esigenze dell’utenza ospitata, assimilabili alle forme di assistenza rese a domicilio.

Al di là dei requisiti mini previsti dalla legge, le comunità alloggio, ricreando ambienti quanto più simili ad un normale appartamento per offrire condizioni ambientali affini a quelle familiari e sociali, sono dotate di una sala da pranzo o soggiorno abbastanza ampio per consentire lo svolgimento di più attività e la socializzazione degli ospiti, di camere da letto con non più di due letti e di servizi comuni attrezzati in base al numero degli ospiti.

 


 

Le comunità alloggio in Umbria

La Regione Umbria ha recepito le disposizioni previste dal Decreto 308/2001 con la Deliberazione della Giunta Regionale n. 21 del 12 gennaio 2005, la quale prevede che le comunità alloggio umbre:

  • si definiscano: servizio tutelare di residenzialità permanente per la cura di soggetti adulti con handicap grave;
  • siano destinati a persone adulte con disabilità, riconosciute «in stato di handicap in situazione di gravità» ai sensi dell’articolo 3 della Legge n. 104/1992;
  • abbiano la finalità di garantire la continuità assistenziale e la cura della persona con disabilità;
  • abbiano una capacità di accoglienza di massimo 20 posti letto, compresi eventuali posti riservati all’emergenza (ai sensi dell’articolo 1, lett. l-bis, della Legge n. 162/1998), organizzati in moduli autonomi di massimo 4 persone anche all’interno di un’unica struttura residenziale;
  • si strutturino in più moduli autonomi all’interno di una stessa unità immobiliare che configurano una convivenza di tipo familiare dotata dei requisiti igienico-sanitari previsti dai regolamenti comunali per le case di abitazione. La struttura deve essere accessibile e visitabile, priva di ogni barriera che ostacoli la piena fruizione degli spazi o arrechi ostacolo alla mobilità. Essa deve prevedere, inoltre: a) camere da letto singole o doppie (9.6 mq, se doppie 14,4 mq); b) doppi servizi igienici ogni 4 ospiti, di cui uno attrezzato per la non autosufficienza grave); c) una linea telefonica a disposizione degli ospiti;
  • devono essere ubicati in luoghi abitati, facilmente raggiungibili con l’uso di mezzi pubblici, comunque tale da permettere la partecipazione degli ospiti alla vita sociale del territorio e facilitare le visite agli ospiti. Esse non possono comunque avere requisiti inferiori a quelli previsti dalla normativa statale per le strutture residenziali destinate all’assistenza di persone con disabilità;
  • la competenza autorizzativa della struttura spetta al Comune ai sensi del Decreto n. 308/2001 (artt. 3 e 4);
  • le prestazioni erogate sono da imputarsi per il 50% a carico del Fondo sociale dei Comuni (fatta salva la compartecipazione da parte dell’utente) e per il 50% a carico del Fondo sanitario regionale.

La comunità alloggio deve utilizzare un modello organizzativo che, anche attraverso l’integrazione con i servizi territoriali delle ASL, garantisca:

  • valutazioni multidimensionale attraverso appositi strumenti validati dei problemi/bisogni sanitari, cognitivi, psicologici e sociali dell’ospite al momento dell’ammissione e periodicamente;
  • stesura di un piano assistenziale individualizzato corrispondente ai problemi/bisogni identificati;
  • lavoro degli operatori deputati all’assistenza secondo le modalità e le logiche dell’équipe interdisciplinare;
  • raccolta dei dati delle singole valutazioni multidimensionale tale da permettere il controllo continuo delle attività della comunità disponibile insieme alla documentazione clinica e sociale in archivio presso la sede in cui alloggia la persona;
  • coinvolgimento della famiglia dell’ospite;
  • personale medico, infermieristico, di assistenza alla persona, di riabilitazione e di assistenza sociale in relazione alle dimensioni e alla tipologia delle prestazioni erogate.

Con la formulazione del Piano Sanitario Regionale 2009-2011, la Regione Umbria ha definito un ulteriore requisito per accedere alla comunità alloggio: l’età. Infatti, le comunità alloggio sono destinate a persone con disabilità, riconosciute in stato di handicap in situazione di gravità (articolo 3, comma 3, della Legge n. 104/1992), con età superiore a 50 anni ed inferiore a 65. Per le persone adulte con età inferiore a 50 anni, il Piano prevede l’accesso al servizio Durante e Dopo di noi. Per le persone adulte con età superiore ai 65 anni, il Piano prevede l’accesso alle Residenze protette (salvo permanenza nella comunità alloggio in caso di adeguatezza della soluzione in conformità con gli obiettivi del progetto riabilitativo).

Congedo per cure

Ai sensi dell’articolo 26 della Legge n. 118 del 30 marzo 1971, «[…] ai lavoratori mutilati e invalidi civili cui […], può essere concesso ogni anno un congedo straordinario per cure non superiore a trenta giorni, su loro richiesta e previa autorizzazione del medico provinciale […]».

Il congedo è stato riconfermato dall’articolo 10 del Decreto Legislativo n. 509 del 23 novembre 1988: «Il congedo per cure previsto dall’articolo 26 della legge 30 marzo 1971, n. 118, può essere concesso ai lavoratori mutilati ed invalidi ai quali sia stata riconosciuta una riduzione della attitudine lavorativa superiore al 50 per cento, sempreché le cure siano connesse alla infermità invalidante riconosciuta […]».

Consiglio Nazionale sulla Disabilità

Il Consiglio Nazionale sulla Disabilità (CND) è composto da 35 Organizzazioni e Associazioni e Raggruppamenti (Federazioni, Leghe, Coordinamenti, Consulte, ecc.), a carattere nazionale o regionale, di persone con disabilità e delle loro famiglie, che, senza fine di lucro, operano in qualsiasi forma, in favore delle persone con disabilità.

Il CND valuta la complessiva politica europea ed italiana sulla disabilità, traccia le linee di comportamento del movimento italiano della disabilità presso tutte le istanze dell’Unione Europea e internazionali, partecipa ai lavori dell’European Disability Forum per il tramite dei propri Rappresentanti. Promuove la conoscenza e l’applicazione in Italia di atti di indirizzo e normative internazionali relative alla disabilità, sollecitando le istituzioni e gli enti competenti ad intervenire di conseguenza.

Consulenza alla pari

«La consulenza alla pari è un metodo che permette alla persona con disabilità di accrescere la propria consapevolezza rispetto alle sue reali risorse e capacità e ai suoi limiti. È come ogni forma di consulenza un rapporto interpersonale, nell’ambito del quale una persona (consulente) cerca di aiutare un’altra (consultante) a capire i suoi problemi e a individuare una soluzione adeguata ad essi.

La consulenza alla pari è una relazione di aiuto che si realizza tra persone che sono “pari”. Per “pari” si intendono persone che si trovano nella stessa situazione, che hanno la stessa età, cultura o che condividono una stessa esperienza di vita. Nel nostro caso, le persone sono pari perché hanno in comune la disabilità. Tuttavia, esse differiscono per il fatto che il consulente si trova nel suo processo di crescita più avanti rispetto al consultante: vale a dire che il consulente è più integrato, cioè ha più consapevolezza rispetto ai suoi vissuti di persona disabile e questo gli consente di vivere pienamente la propria vita, tenendo conto dei propri limiti e delle proprie potenzialità. Egli svolge la funzione di “modello di ruolo” nei confronti del consultante attivando in quest’ultimo un lavoro di promozione delle sue capacità (empowerment) e un processo che lo porterà a diventare più forte nel confrontarsi con la propria vita e a cavarsela meglio nell’affrontare il mondo.

Il fatto che ci sia parità (uguaglianza) nella relazione di aiuto permette al consultante di rispecchiarsi nel consulente e questo favorisce il processo che conduce all’acquisizione della consapevolezza di sé e quindi all’uso di quegli strumenti interni (capacità psichiche e emotive, fantastiche, razionali) ed esterni (aiuti umani, leggi, ausili, tecnologie, ecc.) che gli/le consentono di vivere una vita indipendente, autonoma e di praticare la propria autodeterminazione.

I concetti di indipendenza, autonomia e autodeterminazione hanno ancora più senso se inseriti in un’ottica di interdipendenza o, per meglio dire, di integrazione, nella misura in cui le persone disabili, al pari di tutti gli esseri umani, sono esseri sociali che interagiscono reciprocamente per la costruzione di una società dove ciascuno (disabile e non) è un cittadino con pari diritti e doveri rispetto ad un altro.

La consulenza alla pari, essendo centrata sulla persona, incide nell’ambito soggettivo, ma è strettamente connesso anche alla dimensione sociale per l’attuazione dei diritti umani e civili. Per difendere i propri diritti o denunciare le violenze subite è necessario che la persona disabile percepisca la propria dignità di essere umano in maniera tale che possa esigere il riconoscimento anche da parte degli altri (servizi, enti, la società intera).

(Da: www.dpitalia.org).

Contrassegno invalidi

Il «contrassegno invalidi» (detto anche «contrassegno arancione» per via del suo colore) viene dato alle persone con disabilità che hanno una capacità di deambulazione «sensibilmente ridotta». Questo contrassegno permette il parcheggio degli autoveicoli in appositi spazi di sosta riservati. Il contrassegno è valido in tutto il territorio nazionale ed è concesso a prescindere dalla titolarità della patente di guida o dalla proprietà del veicolo.

Il «contrassegno invalidi» prevede:

  • il pittogramma stilizzato di una persona in carrozzina;
  • uno spazio dove riportare il numero di concessione;
  • uno spazio dove dovrebbero essere riportate le generalità del titolare.

Il «contrassegno invalidi» permette:

  • sosta gratuita nei parcheggi riservati alle persone con disabilità (indicati da strisce gialle e da apposita segnalazione verticale);
  • sosta gratuita nei parcheggi delimitati dalle strisce blu con tariffa oraria;
  • circolazione nelle aree pedonali urbane (questo è possibile qualora sia già stata ammessa la circolazione anche di veicoli destinati al trasporto di pubblica utilità);
  • circolazione nelle corsie preferenziali di mezzi pubblici e taxi.

Per conoscere le modalità di concessione del «contrassegno invalidi», si veda l’apposita scheda.

Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità

La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità è un atto giuridico di rilevanza internazionale che ha lo scopo di combattere le discriminazioni e le violazioni dei diritti umani nei confronti di tutte le persone con disabilità che risiedono nei paesi che hanno ratificato l’atto.

Attraverso i suoi 50 articoli, la Convenzione indica la strada che gli Stati del mondo devono percorrere per garantire i diritti di uguaglianza e l’inclusione di tutti i cittadini con disabilità.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione il 13 dicembre 2006 e il Governo italiano ha ratificato il testo con la Legge n. 18 del 3 marzo 2009 (link a sito esterno).

Per approfondimenti leggi qui la storia e il testo della Convenzione.

Cure palliative

Le cure palliative sono una forma di cura globale e multi-disciplinare per le persone affette da malattie in fase terminale, ossia che non rispondono più a trattamenti specifici e di cui il decesso è la diretta conseguenza. Il luogo privilegiato delle cure palliative è l’hospice (centro residenziale di cure palliative).

Le cure palliative:

  • non accelerano, né ritardano il decesso;
  • provvedono al sollievo del dolore e degli altri sintomi;
  • integrano gli aspetti psicologici, sociali e spirituali dell’assistenza;
  • aiutano la persona e la famiglia a considerare il decesso come un evento naturale;
  • offrono un sistema di supporto per aiutare la famiglia durante la malattia del proprio parante e durante il lutto.

Il controllo del dolore, degli altri sintomi e dei problemi psicologici, sociali e spirituali è di fondamentale importanza, poiché lo scopo delle cure palliative è il raggiungimento della migliore qualità di vita possibile per le persone e per le loro famiglie.

Coloro che operano nelle cure palliative sono professionisti di diverse discipline, raggruppati in équipe costituite, generalmente, da un medico, un psicologo, un infermiere, un assistente sociale, un “counsellor” (una persona che offre la propria esperienza nel dare consigli alla persona e alla famiglia), un volontario e dalla persona stessa, insieme alla famiglia.

La peculiarità delle cure palliative è di adattarsi giorno per giorno alle esigenze della persona e dei suoi familiari. Pertanto, ogni cura e ogni trattamento richiedono una revisione continua delle terapie e un’attenzione costante; ogni progetto di cura applica i mezzi più moderni e le terapie più avanzate.

Lettera D

Day hospice

Il day hospice è il luogo in cui si assistono le persone che si trovano in una fase di transizione del percorso di cura specialistico.

Vedi «hospice (centro residenziale di cure palliative)».

Day hospital

Il day hospital è un ricovero ospedaliero in regime di degenza diurna. Tale particolare forma di erogazione dell’assistenza ospedaliera viene effettuata in divisioni, sezioni, o servizi ospedalieri per fini diagnostici e/o curativi e/o riabilitativi, e risponde alle seguenti caratteristiche funzionali:

  • si tratta di ricovero o ciclo di ricoveri programmato/i;
  • è limitato ad una sola parte della giornata e non ricopre quindi l’intero arco delle 24 ore dal momento del ricovero;
  • fornisce prestazioni multi-professionali e/o pluri-specialistiche, che necessitano di un tempo di esecuzione che si discosta in modo netto da quello necessario per una normale prestazione ambulatoriale.

Deduzione fiscale

La deduzione fiscale è la possibilità da parte del cittadino contribuente di sottrarre una quota di denaro, stabilità per legge, dal proprio reddito su cui viene calcolato l’ammontare delle tasse annuali che deve pagare. Lo Stato determina le prestazioni per le quali è valida la deduzione.

Esempio: un cittadino ha il reddito pari a Euro 30.000,00; se nel corso dell’anno ha usufruito di prestazioni per le quali valevano delle deduzioni per complessivi Euro 5.000,00, le tasse che dovrà pagare non verranno più calcolate su Euro 30.000,00, ma su Euro 25.000,00 (30.000 – 5.000).

Vedere anche «oneri deducibili».

Deistituzionalizzazione

Per deistituzionalizzazione si intende l’insieme di politiche che mirano a collocare la cura e l’assistenza di persone con bisogni conclamati, al di fuori di strutture residenziali, ma all’interno del proprio domicilio.

Si veda anche assistenza domiciliare diretta e assistenza domiciliare autogestita.

Detrazione fiscale 

La detrazione fiscale è la possibilità da parte del cittadino contribuente di sottrarre una quota di denaro, stabilita per legge, dalle imposte da pagare. La detrazione dall’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), quindi, corrisponde alla somma di denaro che viene restituita dallo Stato al cittadino contribuente. Lo Stato determina le prestazioni per le quali è valida la detrazione fiscale.

Esempio: un cittadino deve pagare le tasse annuali per un ammontare di Euro 100,00 (cifra calcolata sulla base del suo reddito); se nel corso dell’anno ha usufruito di prestazioni per le quali valeva la «detrazione IRPEF» del 20% (ad esempio, ha dovuto fare dei lavori di ristrutturazione edilizia), avrà diritto ad una detrazione fiscale di Euro 20,00 e, di conseguenza, l’ammontare delle tasse da pagare sarà di Euro 80,00, anziché di Euro 100,00.

Vedi anche «oneri detraibili».

Diagnosi

«Identificazione della malattia a partire dai sintomi e dalle analisi di laboratorio e strumentali opportuni».
 (Da: www.edufamily.it).

Diagnosi funzionale

La Diagnosi funzionale consiste in una valutazione qualitativa, quantitativa e dinamica di ingresso e presa in carico per la piena integrazione scolastica e sociale dell’alunno con disabilità. È redatta dall’Unità Multiprofessionale presente nei servizi specialistici per l’infanzia e l’adolescenza del territorio di competenza in collaborazione con la famiglia e la scuola. La Diagnosi funzionale si articola nelle seguenti parti:
•approfondimento anamnestico e clinico;
•descrizione del quadro di funzionalità nei vari contesti;
•definizione degli obiettivi e delle strategie di intervento per garantire integrazione scolastica e sociale;
•individuazione delle tipologie di competenze professionali e delle risorse strutturali necessarie per l’integrazione scolastica e sociale.
Ad ogni passaggio di grado di istruzione o in presenza di condizioni nuove e sopravvenute, la Diagnosi funzionale deve essere riconsiderare in relazione all’evoluzione dell’alunno.

Diagnosi precoce

La diagnosi precoce, attraverso una serie più o meno completa d’esami, «serve a riconoscere precocemente le condizioni di malattia e quindi permette di intervenire tempestivamente con molta probabilità di successo nella cura».

(Da: www.isit.it).

Dichiarazione dei diritti delle persone disabili dell'Onu

Nella 243ma seduta plenaria del 9 dicembre 1975 l’Assemblea generale presso gli Stati membri, nello spirito della Carta delle Nazioni Unite, ha proclamato la Dichiarazione dei diritti delle persone disabili facendo appello all’azione nazionale e internazionale per assicurare che essa sia usata quale base comune e quadro di riferimento per la difesa di questi diritti: 1 – Il termine “persona disabile” significa qualunque persona incapace di assicurarsi da sola, totalmente o parzialmente, le necessità per una vita normale individuale e/o sociale, quale conseguenza di una deficienza, congenita o no, delle sue capacità fisiche o mentali. 2 – Le persone disabili goderanno di tutti i diritti fissati in questa Dichiarazione. Questi diritti spetteranno a tutte le persone disabili, senza alcuna eccezione o discriminazione per ragioni di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinioni politiche o altre, di origine nazionale o sociale, delle condizioni di censo, di nascita o di qualunque altra situazione che si riferisca alla persona disabile o alla sua famiglia. 3 – Le persone disabili hanno diritto al rispetto inerente alla loro dignità umana. Quali siano l’origine, la natura e la gravità delle loro minorazioni e disabilità, hanno gli stessi fondamentali diritti dei loro concittadini della loro stessa età, il che implica anzitutto il diritto di godere di una vita decente, piena e normale, quanto più possibile. 4 – Le persone disabili hanno gli stessi diritti civili e politici degli altri esseri umani. 5 – Le persone disabili hanno diritto a disposizioni mirate affinché diventino autosufficienti; 6 – alle cure mediche, psicologiche e funzionali, comprendenti gli apparati di protesi e d’ortopedia, alla riabilitazione, all’aiuto e al consiglio medico e sociale, ai servizi di collocamento e ad altri servizi che le mettano in grado di sviluppare al massimo le loro capacità e attitudini e che possano accelerare il processo della loro integrazione o reintegrazione; 7 – alla previdenza economica e sociale e a un decente livello di vita. Esse hanno il diritto di ottenere e conservare un impiego in relazione alle loro capacità, oppure d’impegnarsi in una occupazione utile, produttiva e remunerativa e di iscriversi ai sindacati del lavoro; 8 – hanno diritto che siano prese in considerazione le loro speciali necessità a tutti i livelli della pianificazione economica e sociale; 9 – di vivere con le loro famiglie o con i loro tutori e di prendere parte a tutte le attività sociali, creative o ricreative. Nessuna persona disabile sarà soggetta, per quanto si riferisce alla sua residenza, a un trattamento differenziale se non quello richiesto dalle sue condizioni o dal miglioramento di esse che ne possa derivare. 10 – Le persone disabili devono essere protette da qualsiasi sfruttamento, da qualunque disposizione e trattamento di carattere discriminatorio, abusivo o degradante; 11 – devono poter avvalersi di assistenza legale qualificata quando tale assistenza si dimostri indispensabile per la protezione della loro persona o proprietà. Se si istituisce un processo giudiziario contro di esse, la procedura seguita deve tenere pienamente conto delle loro condizioni fisiche e mentali. 12 – Le organizzazioni delle persone disabili possono essere utilmente consultate per tutto quanto riguarda i diritti delle persone disabili. 13 – Le persone disabili, le loro famiglie e comunità devono essere esaurientemente informate, con tutti i mezzi idonei, dei diritti contenuti in questa Dichiarazione. Renato Pigliacampo, Dizionario della disabilità, dell’handicap e della riabilitazione, Armando Editore, Roma 2003, Vedi anche: Organizzazione Mondiale della Sanità, Icf. Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute, Edizioni Erickson, Trento 2002

Dimissione protetta

«Modalità di dimissione concordata tra l’Ospedale e i servizi domiciliari di pazienti in condizioni di non autosufficienza o di incompleta stabilizzazione clinica, che richiedono a domicilio la continuazione delle cure mediche, infermieristiche e riabilitative».

(Da: www.socialinfo.it)

Disabilità

Secondo il modello proposto dalle due Classificazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICF e ICF-CY), tutti gli esseri umani hanno una condizione di salute, che, se vissuta in un ambiente sfavorevole, diventa causa di discriminazione e, quindi, «disabilità».

Quando una persona, che presenta un’alterazione dei livelli funzionali o strutturali del proprio corpo, interagisce con un ambiente ostile e/o indifferente, vive una perdita o una limitazione dei propri livelli di attività e di partecipazione ai contesti di vita.

L’ambiente si definisce «ostile» quando sono presenti barriere fisiche, sociali e culturali e si definisce «indifferente» quando è privo di facilitatori.

In questa circostanza, la persona vive una condizione di disabilità (si parla, quindi, di «persona con disabilità»).

In questo senso, quindi, l’OMS ritiene necessario abbandonare il termine handicap e termini derivati e composti («portatore di handicap», «handicappato», ecc.).

Disabilità su base organica

 «Si intende l’alterazione o malfunzionamento dell’organo colpito dalla menomazione».
 (Da: Nicola Zingarelli, «Vocabolario della lingua italiana», Zanichelli, 2006)

Disabled Peoples' International (DPI Italia ONLUS)

L’Associazione Disabled Peoples’ International (DPI Italia ONLUS) è la sezione italiana di DPI, un’organizzazione mondiale presente in 135 paesi e riconosciuta dalle principali agenzie ed istituzioni internazionali ed europee. DPI Italia ONLUS lavora per la promozione e la tutela dei diritti umani, per la piena partecipazione, la non discriminazione, la piena inclusione e le pari opportunità delle persone con disabilità e delle loro famiglie. È un movimento di natura sociale e culturale che si basa fondamentalmente sul protagonismo diretto delle  persone con disabilità. L’Assemblea di DPI Italia ONLUS nasce il 16 ottobre 1994 ed è formata da 15 associazioni di promozione e tutela dei Diritti Umani delle persone con disabilità e delle loro famiglie, da Comitati territoriali presenti in alcune Regioni italiane e da persone con o senza disabilità che vi aderiscono come soci singoli.

Collegamento al sito di DPI Italia ONLUS.

Collegamento al sito di DPI internazionale.

Discriminazione

L’articolo 2 della Legge 67/2006 definisce la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità nel seguente modo:

«1. Il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità. 2. Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga. 3. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone. 4. Sono, altresì, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti».

 


 

Da: Articolo 2, Legge n. 67 del 1° marzo 2006, «Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni» (collegamento a sito esterno).

Discriminazione fondata sulla disabilità

«Per “discriminazione fondata sulla disabilità” si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un “accomodamento ragionevole”».

 


 

Da: Articolo 2, comma 3, Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Dispositivo Telefonico per Sordi

Il Dispositivo Telefonico per Sordi (DTS), o Dispositivo Text-Telephone, è uno strumento di comunicazione per le persone sorde. Il DTS è composto da una tastiera e da uno schermo (o da un display). Collegando due DTS tramite una linea telefonica è possibile comunicare scrivendo messaggi sulla tastiera che vengono visualizzati in tempo reale sullo schermo o sul display dell’altro apparecchio.

Il DTS è previsto sia in modello portatile, sia da scrivania. Può avere incorporato un segnalatore luminoso di chiamata, un’agenda telefonica, una segreteria telefonica, un’interfaccia per la stampante. Alcuni tipi di DTS possono essere anche utilizzati come dispositivi per la posta elettronica e per comunicare con il personal computer.

Domotica

È lo studio della casa in genere e delle strutture interne in funzione di chi la abita. La domotica è molto importante per i soggetti con difficoltà motorie e gli anziani che vogliono raggiungere l’autosufficienza nella propria abitazione. Oggi ingegneri edili e architetti studiano appartamenti “su misura” per favorire la mobilità delle persone con disabilità. Renato Pigliacampo, Dizionario della disabilità, dell’handicap e della riabilitazione, Armando Editore, Roma 2003, Vedi anche: Organizzazione Mondiale della Sanità, Icf. Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute, Edizioni Erickson, Trento 2002

Dopo di Noi

I progetti definiti «Dopo di Noi» nascono per aiutare i genitori di persone con disabilità a individuare le soluzioni più adeguate per garantire una buona qualità di vita ai figli, quando non saranno più in grado di occuparsene (per vecchiaia, malattie o decesso). Un argomento complesso, che coinvolge delicatissimi aspetti emotivi, ma anche concreti problemi giuridici, economici, assistenziali ed abitativi.

La tematica, dapprima oggetto solo della preoccupazione di singole famiglie, è stata sempre più assunta da associazioni di persone con disabilità e loro familiari ed è sempre più divenuta oggetto dell’attenzione della politica, con proposte e soluzioni anche legislative e amministrative, nonché di carattere finanziario, che offrono oggi alle famiglie maggiori opportunità e la consapevolezza che il “dopo di noi” va sperimentato “Durante Noi“.

Il «Dopo di Noi» quindi non è solo un problema di strutture residenziali, ma un insieme complesso di necessità e di diritti al quale è possibile dare risposta solo attraverso un sistema organico di strumenti, referenti, strutture e servizi.

Durante di Noi

I servizi concepiti secondo la filosofia del “Durante Noi” rispondono all’esigenza di autonomia delle persone con disabilità che non sono in grado di provvedere a se stesse e dalle loro famiglie. Il “Durante Noi” serve a predisporre le basi per una vita autonoma in una prospettiva a lungo termine che accompagni i processi evolutivi delle persone con disabilità e delle famiglie, nell’ottica di quando queste non saranno più presenti o in grado di occuparsi dell’assistenza dei figli con disabilità.

Il Durante Noi si pone l’obiettivo di far sviluppare alle persone con disabilità esperienze in situazioni quotidiane ed ordinarie in maniera separata dal proprio nucleo familiare, senza peraltro perdere il legame affettivo e di reciprocità con esso.

Il “Durante Noi”, pertanto, prevede la realizzazione di progetti finalizzati all’uscita da casa della persona con disabilità sia come la scelta di una “vita indipendente”, sia come un fatto necessario al venir meno del nucleo familiare (caso in cui sono previsti i servizi detti “Dopo di Noi”).

Durante-dopo di noi

Con il termine «durante-dopo di noi» (o «durante noi-dopo di noi») si intende quella modalità di servizio concepito per rispondere alle duplice esigenza delle persone con disabilità (soprattutto quelle che hanno menomazioni nella sfera cognitiva e relazionale) di raggiungere un livello di autonomia dalla propria famiglia, sia mentre essa è ancora presente e attiva (servizi del Durante Noi), sia in un percorso di preparazione finalizzato a scongiurare l’istituzionalizzazione quando la stessa non sarà più in grado di affrontare le esigenze del proprio figlio con disabilità (servizi Dopo di Noi).

Lettera E

Empowerment

Il termine «empowerment» deriva dal verbo inglese «to empower» che in italiano viene comunemente tradotto con «conferire poteri», «mettere in grado di».

Il termine empowerment – che non può essere tradotto in italiano con un solo termine – può essere inteso come «accrescere la possibilità dei singoli e dei gruppi di controllare attivamente la propria vita». Le azioni e gli interventi formativi centrati sull’empowerment mirano a rafforzare il potere di scegliere delle persone, migliorandone le competenze e le conoscenze.

L’empowerment (cui spesso si associa il concetto di «mainstreaming») si manifesta quando si realizzano opportunità affinché le persone si emancipino rispetto ad una condizione di svantaggio (sociale, culturale, ecc.).

Empowerment comunitario

Il concetto di «empowerment comunitario» indica l’insieme di conoscenze, abilità relazionali e competenze che permettono ad un gruppo di porsi obiettivi e di elaborare strategie per conseguirli utilizzando le risorse esistenti. L’empowerment comunitario costituisce la base del lavoro di rete (networking) in quanto mira ad attribuire o a riattribuire potere d’azione al sociale cioè ad una pluralità di persone in connessione.

Il costrutto di empowerment rinvia alla capacità degli attori presenti in una comunità nel responsabilizzarsi e nel coinvolgersi e della comunità nel suo complesso ad aspirare a una migliore qualità della sua vita.

L’empowerment comunitario mira a sviluppare le connessioni tra le persone, agendo su tre dimensioni:

  • coinvolgimento: aumentando la sensibilizzazione ai problemi, le persone entrano nella disposizione di dover fare qualcosa per risolverlo;
  • creazione della rete sociale: l’incremento di connessioni tra gli abitanti della comunità li toglie dal loro isolamento e li mette nelle condizioni di partecipare attivamente alla vita della comunità;
  • partecipazione: i cittadini diventano capaci di fare delle scelte o di contribuire a farne per modificare la propria vita conformemente ai propri bisogni, diventano soggetti in grado di realizzare progettazione partecipata.

 

L’empowerment individuale è una strategia centrata sull’individuo che mira al rafforzamento delle competenze personali. Empowerment è un “concetto ponte” che mette in collegamento la condizione attuale della persona con quella data dal cambiamento. Il processo di empowerment individuale si articola in quattro fasi:

 

  • aumento della pensabilità positiva di se stessi: pensarsi in una nuova situazione più soddisfacente (un nuovo lavoro, nuove relazioni interpersonali, ecc);
  • scelta tra le possibilità positive che la persona ha individuato e che intende praticare e rendere operative;
  • attivazione della capacità di ricerca concreta delle risorse interne ed esterne e delle opportunità, promuovendo la fiducia, pur con la consapevolezza dei rischi e delle difficoltà a cui inevitabilmente si va incontro;
  • sperimentazione ed azione: acquisire consapevolezza della necessità di sperimentarsi per ri-comprendere le reali possibilità di costruire opportunità e realizzarsi nei diversi contesti di vita.

Empowerment individuale

L’empowerment individuale immette la persona in un processo che innesca motivazioni, mobilita risorse ed avvia la costruzione di possibilità, di competenze e di strumenti; nonché la colloca in una dimensione di valutazione e scelta tra le diverse opzioni che può praticare e che crede di poter perseguire.

Questa strategia rende la persona in grado di governare una esperienza della propria vita come quella lavorativa e sociale. Il processo di empowerment individuale si arricchisce con l’aiuto e il confronto con altri (in modo particolare attraverso la consulenza alla pari).

Enti di patronato e di assistenza sociale

Gli Enti di patronato e di assistenza sociale sono confederazioni e associazioni nazionali di lavoratori che esercitano l’attività di informazione, di assistenza e di tutela, anche con poteri di rappresentanza, a favore dei lavoratori dipendenti e autonomi, dei pensionati, dei singoli cittadini italiani, stranieri e apolidi presenti nel territorio dello Stato e dei loro superstiti e aventi causa, per il conseguimento in Italia e all’estero delle prestazioni di qualsiasi genere in materia di sicurezza sociale, di immigrazione e emigrazione, previste da leggi, regolamenti, statuti, contratti collettivi ed altre fonti normative, erogate da amministrazioni e enti pubblici, da enti gestori di fondi di previdenza complementare o da Stati esteri nei confronti dei cittadini italiani o già in possesso della cittadinanza italiana, anche se residenti all’estero (ai sensi dell’articolo 7 della Legge n. 152 del 30 marzo 2001).

Per poter essere riconosciuti Enti di patronato e di assistenza sociale, le confederazioni e associazioni nazionali di lavoratori devono avere le seguenti caratteristiche:

  • siano costituite ed operino in modo continuativo da almeno tre anni;
  • abbiano sedi proprie in almeno un terzo delle regioni e in un terzo delle province del territorio nazionale;
  • dimostrino di possedere i mezzi finanziari e tecnici necessari per la costituzione e la gestione degli istituti di patronato e di assistenza sociale;
  • perseguano, secondo i rispettivi statuti, finalità assistenziali.

L’articolo 12 della Legge n. 152/2001 consente agli Enti di patronato di accedere alle banche dati degli enti eroganti le prestazioni al fine di svolgere le proprie attività, nell’ambito del mandato conferito dal soggetto interessato.

Équipe multidisciplinare

Il concetto di «équipe multidisciplinare» individua un modo di lavorare nell’adattamento degli strumenti e delle metodologie. L’équipe è formata da un gruppo di professionisti che lavorano insieme per la produzione di servizi. A seconda della tipologia del servizio erogata, l’équipe multiprofessionale può avere nel suo organico assistenti sociali, medici, psicologi, infermieri, pedagogisti, sociologi, educatori e operatori del settore amministrativo. Gli operatori dell’équipe hanno ruoli, funzioni e formazione molto differenti tra loro, per responsabilità, mansioni e richieste caratteristiche delle diverse professionalità. Ognuno ha capacità tali da gestire con più efficacia e competenza un aspetto del rapporto con l’utente piuttosto che un altro. Frutto del  lavoro in équipe è l’elaborazione di un progetto di vita  globale che guarda  la persona nella sua interezza.

European Disability Forum

L’European Disability Forum (EDF) è un’organizzazione ad ombrello che rappresenta più di 50 milioni di persone con disabilità in Europa. L’obiettivo è quello di offrire ai cittadini con disabilità un pieno accesso alla conoscenza dei diritti umani fondamentali, per poter implementare politiche di sviluppo in tutta l’Unione Europea nel rispetto di tali diritti. Si consiglia di visitare il sito dell’Europea Disability Forum, avvertendo, però, che le uniche lingue in cui è redatto sono l’inglese ed il francese.

 

(Da: Centro per l’Autonomia Umbro).

Lettera F

Facilitatori

Secondo il modello proposto dalle due Classificazioni dell’OMS (ICF e ICF-CY), i «facilitatori» sono «dei fattori che, mediante la loro assenza o presenza, migliorano il funzionamento e riducono la disabilità. Essi includono aspetti come un ambiente fisico accessibile, la disponibilità di una rilevante tecnologia di assistenza o di ausili e gli atteggiamenti positivi delle persone verso la disabilità, e includono anche servizi, sistemi e politiche che sono rivolti ad incrementare il coinvolgimento di tutte le persone con una condizione di salute in tutte le aree di vita. L’assenza di un fattore può anche essere facilitante, come ad esempio, l’assenza di stigmatizzazione o di atteggiamenti negativi. I facilitatori possono evitare che una menomazione o una limitazione dell’attività divengano una restrizione della partecipazione, dato che migliorano la performance di un’azione, nonostante il problema di capacità della persona.

Vedere anche «barriere».

Fase acuta

La fase acuta è il momento in cui si verifica l’evento che, causando la riduzione dei livelli di funzionamento corporeo, provoca una condizione di disabilità. Nella fase acuta, è necessaria un’attività di prevenzione da eventuali danni secondari e la determinazione del setting successivo da parte dell’équipe multidisciplinare del Presidio Ospedaliero e/o dell’Azienda Ospedaliera.

 


 

APPROFONDIMENTI:

Scheda tematica: Assistenza riabilitativa.

Federazione tra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità

La FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità) è costituita nel 1994 e rappresenta oltre cinque milioni di persone con disabilità.

È una federazione tra le seguenti associazioni:

  • ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili);
  • ANMIL (Associazione nazionale Mutilati ed Invalidi sul Lavoro);
  • ENS (Ente Nazionale Assistenza ai Sordi);
  • UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti);
  • UNMS (Unione Nazionale Mutilati per Servizio).

L’obiettivo principale della Federazione è quello di raccogliere intorno al nucleo delle Associazioni di categoria – cosiddette «storiche», perché presenti sul territorio nazionale fin dai primi del Novecento – tutte le persone con disabilità in modo da poter esprimere una rappresentanza unitaria a livello nazionale ed internazionale.

La Federazione è organizzata con sedi provinciali e regionali su tutto il territorio nazionale che ne assicurano la gestione. In Umbria è presente la FAND Umbria ONLUS.

Fa parte del European Disability Forum (EDF) ed è membro di varie Commissioni ministeriali.

La FAND promuove anche iniziative legislative in favore del mondo della disabilità quali: la raccolta di un milione di firme presentate al Parlamento europeo per l’inserimento della normativa in merito alla disabilità nella legislazione europea, la richiesta dell’adeguamento delle pensioni e delle altre prestazioni economiche in favore delle persone con disabilità, la richiesta di adeguamento del nomenclatore tariffario dei presidi ortopedici ed altre.

Forum Italiano sulla Disabilità

Il Forum Italiano sulla Disabilità (FID) nasce come processo di unificazione tra il Consiglio Italiano dei Disabili per i rapporti con l’Unione Europea (CIDUE) e il Consiglio Nazionale sulla Disabilità (CND). Il Forum rappresenterà le persone con disabilità italiane presso l’European Disability Forum (EDF).

Presidente del FID è Tommaso Daniele (presidente dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – UIC), vicepresidente è Claudio Puppo (presidente dell’Associazione Nazionale Guida Legislazione Andicappati Trasporti – ANGLAT). Giampiero Griffo (membro del Consiglio Mondiale di Disabled Peoples’ International – DPI), è rappresentante del FID presso l’EDF, vice-rappresentante è Luisella Bosisio Fazzi (presidente del CND).

Lettera G

Guida con adattamenti

INSERIRE DA ZERO

Lettera H

Testo H

Handicap (definizione)

La parola «handicap», etimologicamente, deriva da un antico gioco d’azzardo irlandese secondo il quale era necessario mettere la “mano nel cappello” («hand in cap»). Era una sorta di lotteria in cui c’erano dei premi da sorteggiare: il fortunato che estraeva dal cappello il numero vincente era tenuto ad offrire un premio di consolazione agli altri scommettitori meno favoriti dalla sorte.

Entrata, successivamente, nel gergo sportivo, la parola «handicap» ha preso ad indicare una regola del gioco che, per compensare disparità e disuguaglianze, attribuisce a ciascuno dei contendenti vantaggi e svantaggi differenziati a seconda delle loro qualità. Nelle gare ippiche, ad esempio, si penalizza con un peso il cavallo migliore, quello più giovane e forte in modo che ai cavalli meno dotati siano garantite condizioni iniziali più vantaggiose. Alla partenza, dunque, tutti i concorrenti sono in una posizione di relativa parità.

Coniato per indicare uno svantaggio da bilanciare nelle competizioni sportive, il termine «handicap» è passato nel linguaggio comune per indicare un’insufficienza che comporta una condizione di inferiorità e di svantaggio.

Il termine «handicap», quindi, non è un’espressione scientifica, ma una parola che accomuna sotto la stessa etichetta aspetti diversi.

Se riferito ad una persona, l’handicap indica in modo grossolano qualsiasi affezione derivante da lesioni, menomazioni, disturbo o difficoltà.

All’inizio degli anni Novanta, in Italia, il termine «handicap» diventa ufficiale attraverso la Legge n. 104 del 5 febbraio 1992, «Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate» da cui scaturiscono i due concetti di «stato di handicap» e «stato di handicap in situazione di gravità».

La definizione della Legge n. 104/1992, in realtà, si rifà alla «Classificazione Internazionale delle Menomazioni, della Disabilità e degli Handicap» (nota come «ICIDH») dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 1980, che intende lo stato di handicap come uno svantaggio sociale che deriva da menomazione o disabilità, tale da limitare o impedire la possibilità di ricoprire nella società un ruolo considerato normale in base all’età e al sesso della persona, oltre che ai fattori culturali e sociali.

Nel 2001, però, l’OMS, nella «Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute (ICF)» ha deciso di «abbandonare totalmente il termine “handicap” – data la sua connotazione peggiorativa» nei confronti delle persone, preferendo – conseguentemente e coerentemente con il nuovo concetto di «disabilità» proposto nell’ottica del modello «bio-psico-sociale» – la dizione «persona con disabilità».

Handicap (stato di)

Lo «stato di handicap» è così definito dall’articolo 3, comma 1, della Legge n. 104 del 5 febbraio 1992, «Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate».

«È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione».

Lo «stato di handicap» è uno dei possibili esisti dell’«accertamento dello stato di handicap», previsto dall’articolo 4 della Legge n. 104/1992 e dà diritto alle persone con disabilità ad accedere ad una serie di agevolazioni in ambito fiscale, sociale e lavorativo. Si consiglia di visitare la scheda dell’accertamento dello stato di handicap nell’apposita sezione del Servizio Contact Center, nonché quella delle agevolazioni previste.

Vedi anche «handicap in situazione di gravità (stato di)»
Vedi anche «handicap (definizione)»

Lettera I

Impegnativa

«Nel sistema sanitario pubblico, è un’autorizzazione a un ricovero ospedaliero o a prestazioni varie, rilasciata da un ente mutualistico.»   (Da: Nicola Zingarelli, «Vocabolario della lingua italiana», Zanichelli, 2006)

Inabilità al lavoro

Il concetto di inabilità al lavoro ha diverse accezioni in base al trattamento pensionistico in esame. Si propone un quadro riassuntivo.

 


 

invalidità civile: il requisito dell’inabilità al lavoro viene misurato in termine della riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore ad 1/3; la capacità lavorativa è intesa come attitudine al lavoro in senso generico e astratto, considerando la situazione di svantaggio che ciascuna patologia invalidante possa generare nella maggioranza dei casi. Mentre la concreta capacità lavorativa del soggetto incide, invece, in misura molto ridotta.

pensione di reversibilità: Il concetto viene citato dall’art. 2 della Legge 222/1984: «si considera inabile [… colui] il quale, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa».

INPS: sono previsti due tipi di trattamento in base ai quali viene erogato l’assegno ordinario di invalidità oppure la pensione di inabilità.

INPDAP: inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa, non dipendente da causa di servizio.

INAIL: mancanza o diminuzione della capacità lavorativa, che per i lavoratori dipendenti, se è conseguente a infortunio sul lavoro o a malattia professionale, è soggetta ad assicurazione obbligatoria da parte dell’INAIL. Può essere permanente o temporanea, assoluta o parziale. L’inabilità al lavoro permanente si misura in punti percentuali secondo apposite tabelle: a questi corrisponde l’entità della rendita fornita dall’assicurazione. In caso di inabilità al lavoro temporanea si ottiene invece un’indennità giornaliera.

collocamento mirato e Legge 68/1999: le persone con disabilità fisica, psichica o sensoriale, per poter iscriversi alle liste di collocamento obbligatorio, devono possedere una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%.

Inabilitazione

L’inabilitazione è un istituto del diritto civile che esclude parzialmente una persona dalla capacità di agire. La differenza rispetto al presupposto dell’interdizione sta solo nella minore gravità dell’infermità, che consente alla persona di compiere da sola gli atti di ordinaria amministrazione, mentre deve essere assistita da un «curatore» per gli atti di straordinaria amministrazione. Questo, a differenza del tutore, non è un rappresentate della persona, in quanto non la sostituisce ma la affianca.

Attenzione: vista la forte limitazione della capacità di agire dell’inabilitazione, dal 2004, la giurisprudenza e la dottrina in materia, di fronte alla necessità di tutelare una persona che non è in grado di agire nel proprio interesse, preferiscono optare, salvo specifici casi, per la nomina dell’amministratore di sostegno.

Indennità di accompagnamento per gli invalidi civili

L’indennità di accompagnamento per gli invalidi civili è una provvidenza economica erogata in favore delle persone con disabilità riconosciute «invalide civili» nei cui confronti sia stata accertata una inabilità totale per disabilità fisiche o psichiche e che si trovino nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, necessitano di una assistenza continua.

I presupposti per ottenere l’indennità di accompagnamento sono i seguenti:

  • per le persone in età lavorativa, la definizione di «inabilità totale» corrisponde ad una riduzione della capacità lavorativa in misura non inferiore al 100%. Attenzione: questa definizione non va intesa come assoluta incapacità di lavorare, ma quale situazione che comporti gravissimi condizionamenti; per cui spetta anche ai soggetti che, pur non essendo in grado di deambulare autonomamente, svolgono un’attività lavorativa, (dentro o fuori dal proprio domicilio);
  • per i minori di anni 18 e per gli anziani ultra-sessantacinquenni, l’indennità di accompagnamento spetta solo a titolo della minorazione.

L’indennità di accompagnamento ha la natura giuridica di un contributo forfettario per il rimborso delle spese conseguenti al fatto oggettivo del riconoscimento dell’invalidità civile e non è, pertanto, assimilabile ad alcuna forma di reddito. È esente, quindi, da imposte ed è a totale carico dello Stato, indipendentemente dal reddito del beneficiario o del suo nucleo familiare.

Requisiti:

  • non sono previsti limiti d’età;
  • non sono previsti limiti di reddito;
  • essere cittadino italiano residente in Italia;
  • essere cittadino membro dell’Unione Europea, regolarmente residente in Italia, che abbiano svolto un lavoro autonomo o dipendente in uno degli Stati dell’Unione Europea;
  • essere cittadino straniero di uno Stato non appartenente all’Unione Europea, ma titolare di carta di soggiorno;
  • non essere ricoverato gratuitamente negli istituti di cura e riabilitazione con pagamento delle retta a carico dello Stato (o di Ente pubblico);
  • avere il riconoscimento di un’invalidità totale (percentuale di invalidità civile pari al 100%);
  • avere l’impossibilità a deambulare senza aiuto permanente di accompagnatore;
  • avere l’incapacità a compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza.

Nota: gli ultimi due requisiti sono alternativi, non devono essere presenti entrambi e non devono essere legati a particolari criteri diagnostici.

Hanno diritto all’indennità di accompagnamento anche:

  • i detenuti;
  • le persone con disabilità psichica che, pur in grado di camminare, mangiare e lavarsi da sole, non hanno la capacità di organizzarsi autonomamente per la sopravvivenza;
  • persone con grave disabilità ricoverate in ospedale ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana (Sentenza n. 2270 del 02 febbraio 2007).

Incompatibilità:
L’indennità di accompagnamento  è incompatibile con:

  • analoghe indennità per causa di guerra, lavoro o di servizio;
  • indennità di frequenza (in caso di minori di anni 18);

Compatibilità:
L’indennità di accompagnamento è compatibile con:

  • lo svolgimento di attività lavorativa dipendente o autonoma;
  • con la titolarità di una patente speciale.

Procedura:
Il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità di accompagnamento avviene durante la visita per l’accertamento dell’invalidità civile (leggi scheda tecnica).


APPROFONDIMENTI:

Scheda tematica: Contributi economici.


RIFERIMENTI NORMATIVI:

Legge n. 18 del 2 febbraio 1980, «Indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili».

Corte Costituzionale, Sentenza n. 346 del 14 giugno 1989.

Corte Costituzionale, Sentenza n. 183 del 22 aprile 1991.

Corte di Cassazione – Sezione lavoro Sentenza n. 2270/2007, «Invalido grave ricoverato presso un ospedale pubblico – diritto all’indennità di accompagnamento».

Costituzione della Repubblica italiana (art. 38).

Indennità di accompagnamento per i ciechi civili

L’indennità di accompagnamento per i ciechi civili assoluti viene erogata al solo titolo della minorazione e cioè indipendentemente dal reddito personale e dall’età. Non preclude la possibilità di svolgimento di attività lavorativa.

Requisiti:

  • essere stato riconosciuto cieco assoluto;
  • essere cittadino italiano residente in Italia, o essere cittadino straniero titolare di carta di soggiorno;
  • è indipendente dal reddito;
  • è indipendente dall’età.

Compatibilità:
L’indennità di accompagnamento per i ciechi assoluti è cumulabile con l’indennità di accompagnamento concessa agli invalidi civili totali oppure con l’indennità di comunicazione erogata ai sordomuti.

Incompatibilità:
È incompatibile con l’erogazione di altre indennità simili per cause di servizio, lavoro o guerra.

 


 

APPROFONDIMENTI:

Scheda tematica: Contributi economici.

 


 

RIFERIMENTI NORMATIVI:

Legge n. 406 del 28 marzo 1968 (art. 1), «Norme per la concessione di una indennità di accompagnamento ai ciechi assoluti assistiti dall’Opera nazionale ciechi civili».

Indennità di comunicazione

L’indennità di comunicazione è concessa a coloro che vertono in condizioni di sordomutismo. Esistono criteri di concessione sono diversi a seconda se il richiedente ha più o meno di 12 anni di età:

  • Minore di 12 anni: l’ipoacusia deve essere pari o superiore a 60 decibel HTL di media fra le frequenze 500, 1000, 2000 hertz nell’orecchio migliore.
  • Maggiore di 12 anni: l’ipoacusia deve essere pari o superiore a 75 decibel. Viene inoltre richiesto di dimostrare che l’insorgenza dell’ipoacusia è precedente ai 12 anni.

Requisiti:

  • essere cittadino italiano residente in Italia, o essere cittadino straniero titolare di carta di soggiorno;
  • essere stato riconosciuto sordomuto (con le precisazioni di cui sopra);
  • indipendente dall’età;
  • indipendente dal reddito personale.

Compatibilità:
L’indennità di comunicazione è cumulabile con:

  • l’indennità di accompagnamento concessa agli invalidi civili e ai ciechi civili.
  • la titolarità di una patente di guida.
  • lo svolgimento di attività lavorativa dipendente o autonoma.

L’indennità di comunicazione spetta anche nel caso di ricovero in istituto.

Incompatibilità:
L’erogazione dell’indennità di comunicazione è incompatibile con l’indennità di frequenza.

 


 

APPROFONDIMENTI:

Scheda tematica: Contribuiti economici.

 


 

RIFERIMENTI NORMATIVI:

Legge n. 508 del 21 novembre 1988 (articolo 4), «Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti».

Decreto Ministeriale – Ministero della Sanità – 5 febbraio 1992, «Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d’invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti».

Indennità mensile di frequenza

L’indennità mensile di frequenza è una provvidenza economica che viene erogata ai minorenni cui è stata riconosciuta un’invalidità civile che comporti una persistente difficoltà a svolgere le funzioni proprie dell’età, per il ricorso continuo o anche periodico a trattamenti riabilitativi a seguito della disabilità riportata.

Requisiti:

  • avere un’età inferiore ad anni 18.
  • Condizione fisica: a) essere riconosciuto: «minore con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie dell’età»; b) essere riconosciuto: «minore ipoacustico con perdita uditiva superiore a 60 decibel, nell’orecchio migliore, nelle frequenze di 500, 1000, 2000 hertz».
  • Frequenze: l’indennità mensile di frequenza viene erogata per tutta la durata della frequenza ai corsi di studio o a cicli riabilitativi: a) frequentare in modo continuativo o anche periodico centri ambulatoriali o centri diurni pubblici o privati, purché convenzionati e specializzati nel trattamento terapeutico o nella riabilitazione del recupero della persona con disabilità; b) frequentare scuole pubbliche o private di ogni grado, a partire da quella materna (la Sentenza della Corte Costituzionale n. 467 del 20-22 novembre 2002 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, nella parte in cui non prevede che l’indennità mensile di frequenza sia concessa anche ai minori che frequentano l’asilo nido); c) frequentare centri di formazione o addestramento professionale finalizzati al reinserimento sociale.
  • Condizione economica: non disporre di un reddito annuo personale superiore al limite reddituale previsto annualmente.
  • Cittadinanza: a) essere cittadino italiano residente in Italia; b) essere cittadino di uno Stato appartenente all’Unione Europea; c) essere cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione Europea, ma titolare di carta di soggiorno (in merito a questo punto, si segnala che la Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 329/2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge n. 388/2000 nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione ai minori extracomunitari legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della indennità di frequenza).

Incompatibilità:
L’indennità mensile di frequenza è incompatibile con:

Procedura:
Il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità mensile di frequenza avviene durante la visita per l’accertamento dell’invalidità civile.

In caso di ritardi o mancato riconoscimento del diritto alle prestazioni economiche in presenza dei requisiti di legge, per verificare lo stato della procedura del proprio fascicolo personale e i motivi dell’eventuale diniego, è necessario rivolgersi presso il Comune, all’Ufficio Invalidi Civili.

 


 

 

APPROFONDIMENTI:

Scheda tematica: Contributi economici.
Scheda tematica: Richiesta di accertamento dell’invalidità civile.
Glossario: carta di soggiorno.

 


 

RIFERIMENTI NORMATIVI:

Legge n. 289 dell’11 ottobre 1990, «Modifica alla disciplina delle indennità di accompagnamento di cui alla Legge 21.11.1988, n. 508, recante norma integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili ed ai sordomuti e istituzione di una indennità di frequenza per i minori invalidi».

Sentenza Corte Costituzionale n. 467 del 20-22 novembre 2002, «Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza – Minori invalidi civili – Indennità di frequenza di scuole di ogni ordine e grado – Mancata estensione della provvidenza ai minori invalidi che frequentano l’asilo nido (di età inferiore ai tre anni) – Contrasto con i principi di solidarietà, di eguaglianza e di effettiva assistenza sociale – Illegittimità costituzionale in parte qua. – Legge 11 ottobre 1990, n. 289, art. 1, comma 3. – Costituzione, artt. 2, 3 e 38».

Indennità speciale per i ciechi parziali

L’indennità speciale per i ciechi parziali viene erogata al solo titolo della minorazione, cioè indipendentemente dall’età e dal reddito personale dell’interessato.

Requisiti:

  • essere stato riconosciuto cieco parziale (ossia con un residuo visivo non superiore al totale di un ventesimo in entrambi gli occhi anche con eventuale correzione);
  • essere cittadino italiano residente in Italia, o essere cittadino straniero titolare di carta di soggiorno;
  • è indipendente dall’età;
  • è indipendente dal reddito personale.

Compatibilità:
L’indennità speciale è compatibile con la pensione per i ciechi parziali.

Incompatibilità:
L’erogazione dell’indennità speciale per i ciechi parziali è incompatibile con l’indennità di frequenza o con altre indennità simili concesse per cause di servizio, lavoro o guerra.

 


 

APPROFONDIMENTI:

Scheda tematica: Contributi economici

 


 

RIFERIMENTI NORMATIVI:

Legge n. 508 del 21 novembre 1988 (articolo 3), «Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti».

Indicatore della Situazione Patrimoniale

L’Indicatore della Situazione Patrimoniale (ISP) è uno strumento che permette di misurare la condizione patrimoniale delle famiglie. Concorre, assieme all’Indicatore della Situazione Reddituale (ISR) e al Parametro Relativo alla Famiglia (VSE), al calcolo dell’Indicatore di Situazione Economica Equivalente (ISEE).

L’Indicatore della Situazione Patrimoniale è determinato sommando, per ciascun componente del nucleo familiare i seguenti valori patrimoniali:

  • il valore dei fabbricati e terreni edificabili ed agricoli, intestati a persone fisiche diverse da imprese, quale definito ai fini ICI al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della dichiarazione sostitutiva, indipendentemente dal periodo di possesso nel periodo d’imposta considerato.
  • il valore del patrimonio mobiliare calcolato secondo specifici criteri di cui all’art. 5. Da tale valore si detrae, fino a concorrenza, una franchigia pari a Euro 15.493,71. Tale franchigia non si applica ai fini della determinazione del reddito figurativo.

L’articolo 5 della Legge 214/2011 ha previsto sul patrimonio mobiliare una franchigia massima di 6.000 Euro, accresciuta di 2000 euro per ciascun componente del nucleo fino ad un massimo di 10.000 Euro.

Con riferimento agli immobili, si considera patrimonio solo il valore della casa che eccede il valore del mutuo ancora in essere, mentre per tenere conto dei costi dell’abitare viene riservato un trattamento “di favore” alla prima casa. Il valore IMU è calcolato al netto dell’eventuale mutuo e di una franchigia di 52.500 Euro, incrementata di 2.500 Euro per ogni figlio convivente successivo al secondo. Il valore residuo dell’abitazione, così calcolato, viene abbattuto a due terzi.

Il totale dell’indicatore della situazione patrimoniale (ISP) pesa al 20% nel calcolo finale del ISEE.

Indicatore della Situazione Reddituale

L’Indicatore della Situazione Reddituale (ISR) è uno strumento che permette di misurare la condizione di reddito delle famiglie. Concorre, assieme all’Indicatore della Situazione Patrimoniale (ISP) e al Parametro Relativo alla Famiglia (VSE), al calcolo dell’Indicatore di Situazione Economica Equivalente (ISEE).

L’Indicatore della Situazione Reddituale degli appartenenti al nucleo familiare si ottiene sommando per ciascun componente i vari redditi. Sulla base del DPCM n. 159/2013, l’elencazione di ciò che debba rientrare nella componente reddituale comprende:

  • i redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo di imposta;
  • le rendite catastali dei beni immobiliari (es. abitazioni, edifici, ecc.) e dei terreni;
  • il reddito figurativo delle attività mobiliari (es. titoli, azioni, ecc.);
  • assegni per il mantenimento dei figli effettivamente percepiti;
  • ogni altra componente reddituale esente da imposta, incluso i reddito da lavoro prestato all’estero tassato esclusivamente dallo Stato estero;
  • trattamenti assistenziali, previdenziali, indennitari, incluse le carte di debito, a qualsiasi titolo percepiti da amministrazioni pubbliche (se non già inclusi nel reddito complessivo dichiarato).

Attenzione: per quest’ultimo punto si evidenzia che vengono computate le sole provvidenze erogate dall’INPS e cioè, nel caso delle persone con disabilità, le pensioni, gli assegni e le indennità per minorazioni civili o per invalidità sul lavoro. Non vengono invece computate altre erogazioni assistenziali (quali ad esempio contributi per la vita indipendente o assegni di cura).

Indicatore di Situazione Economica Equivalente

L’Indicatore di Situazione Economica Equivalente (ISEE) è uno strumento per l’accesso a prestazioni assistenziali o a servizi di pubblica utilità e permette di misurare la condizione economica delle famiglie, tenendo conto del reddito, del patrimonio immobiliare, dei titoli posseduti (conti correnti, azioni, BOT e simili) e del numero di componenti della famiglia.

Vedi anche sotto: «Indicatore della Situazione Reddituale (ISR)», «Indicatore della Situazione Patrimoniale (ISP)», «Parametro Relativo alla Famiglia (VSE)».

 


 

APPROFONTIMENTI:

Scheda Contact Center: Indicatore Situazione Economica Equivalente

Integrazione

Il termine «integrazione» può essere usato sia nel significato generico di «inserimento in un ambiente o in un contesto», sia in ambiti specifici, come: integrazione socialeintegrazione lavorativaintegrazione scolastica.

 

(Da: Nicola Zingarelli, «Vocabolario della lingua italiana», Zanichelli, 2006).

Integrazione lavorativa

Vedere «collocamento mirato».

Integrazione scolastica

La Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 afferma che: «l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione». Inoltre sostiene che: «al bambino da 0 a 3 anni handicappato è garantito l’inserimento negli asili nido. […] È garantito il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie. […] L’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap». Infine: «all’individuazione dell’alunno come persona handicappata ed all’acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguito un profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di un Piano Educativo Individualizzato (PEI), alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell’insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione».

(Da: Legge n. 104 del 5 febbraio 1992, «Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate». Pubblicata nel «Supplemento Ordinario» alla «Gazzetta Ufficiale» n. 39 del 17 febbraio 1992).

Integrazione sociale

«Integrazione sociale significa che anche le persone con problemi o difficoltà di tipo sociale partecipano attivamente alla vita della società.

 

«Integrazione sociale significa quindi che le persone in difficoltà sociale hanno la possibilità di vivere come tutte le altre persone: avere un lavoro, partecipare alla vita sociale e culturale. Integrazione sociale significa che le persone partecipano ai processi di decisione che riguardano la propria vita. Significa che possono rivendicare i propri diritti. Per le persone disabili, integrazione sociale significa avere una buona istruzione insieme a bambini senza disabilità, potere imparare nelle varie fasi evolutive della propria vita, avere un lavoro retribuito adatto alle proprie capacità, poter fare delle scelte.

 

«Integrazione sociale è il contrario di emarginazione sociale».

(Da: www.anffasticino.it).

Interdizione

L’interdizione è un provvedimento giuridico che determina l’incapacità assoluta della persona maggiorenne che si trovi in una condizione di infermità mentale tale da renderla incapace di provvedere ai propri affari. Nella cura dei suoi interessi, la persona che subisce il procedimento di interdizione viene sostituito da un rappresentante legale detto «tutore».

Attenzione: vista la forte limitazione dell’interdizione, dal 2004, la giurisprudenza e la dottrina in materia, di fronte alla necessità di tutelare una persona che non è in grado di agire nel proprio interesse, preferiscono optare, salvo specifici casi, per la nomina dell’amministratore di sostegno.

Vedi, inoltre, «inabilitazione».

Invalidità

Il Vocabolario della lingua italiana (lo Zanichelli, 2006) così definisce l’invalidità: «Inattitudine al lavoro o all’espletamento di un’attività conseguente a gravi malattie, infortuni, mutilazioni e simili».

Nel corso della storia sono state individuate e disciplinate diverse tipologie di invalidità:

Invalidità civile

È considerato invalido civile:

 

  • il cittadino (di età compresa tra i 18 e i 65 anni) che ha una riduzione dei livelli di funzionamento a livello corporeo e/o cognitivo, congenita o acquisita, anche a carattere progressivo, che comporta una riduzione della capacità di lavoro non inferiore a 1/3;
  • il minore di anni 18 con difficoltà persistenti a svolgere compiti e funzioni proprie dell’età;
  • il cittadino con più di 65 anni che ha difficoltà a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età.

Sono comprese le disabilità psichiatriche e mentali di carattere sensoriale e funzionale.

Attenzione: non sono considerate invalide civili le persone con invalidità di guerrainvalidità per lavoro o con invalidità per servizio, le persone con cecità civile e le persone con sordomutismo, poiché sono tutelati da norme specifiche.

Il riconoscimento dell’invalidità civile è un accertamento sanitario, previsto dall’articolo 2 della Legge n. 118/1971. Questo stato permette alle persone con disabilità di accedere ad una serie di servizi e prestazioni socio-sanitarie ed emolumenti economici. Si consiglia di visitare la scheda dell’accertamento dell’invalidità civile nell’apposita sezione del Servizio Contact Center.

Invalidità di guerra

Si considerano invalidi di guerra i militari e civili che abbiano riportato gravi lesioni, ferite o infermità, o comunque una invalidità tale da determinare una riduzione della capacità lavorativa generica a causa o in occasione del servizio di guerra, o per eventi bellici ad essa collegati.

Il relativo trattamento pensionistico, erogato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, riguarda le persona sopra indicate qualora la menomazione riportata sia ascrivibile ad una delle otto categorie elencate dal DPR n. 915/1978, oppure ai loro superstiti in caso di decesso, purché le ferite o la malattia siano state riconosciute dalle autorità militari entro cinque anni dalla fine delle ostilità.

 


 

RIFERIMENTI NORMATIVI:

Decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 23 dicembre 1978, «Testo Unico delle norme in materia di pensioni di guerra» (collegamento a sito esterno).

Invalidità per lavoro

L’accertamento dell’invalidità per lavoro dà il diritto di ricevere «prestazioni indennitarie volte alla tutela del rischio professionale» e sono costituite da «rendite per infortuni sul lavoro e malattie derivanti dallo svolgimento di attività lavorativa. L’ente competente è l’INAIL […] e le prestazioni sono erogate a favore di quei lavoratori che durante lo svolgimento dell’attività lavorativa abbiano riportato un’invalidità permanente, assoluta o parziale, ovvero siano deceduti a seguito di una causa violenta (in questo caso la rendita viene corrisposta ai superstiti) […]. Attualmente, la disciplina dell’assicurazione è regolata dal Testo Unico approvato con DPR 30 giugno 1965, n. 1124 […]».

(Da: Ferri, Aquilani, Saraceno, «Guida pratica Invalidità e Handicap», Il Sole 24 ore, edizione 2004).

Invalidità per servizio

L’invalidità per servizio riguarda «qualsiasi invalidità determinatasi nello svolgimento di lavoro civile o militare alle dipendenze dello stato o di enti pubblici e per conseguenza di fatti di servizio. In tal senso occorre distinguere tali prestazioni da quelle pensionistiche di invalidità, per le quali rileva la sola condizione fisica di inabilità assoluta a qualsiasi proficuo lavoro», mentre nel caso dell’invalidità per servizio «è necessario che l’infermità dipenda dal servizio prestato, che rilevi come causa o concausa preponderante per l’insorgere della malattia […]. Per la presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza di un’infermità da causa di servizio, il termine è di 6 mesi e decorre dalla data in cui il dipendente ha avuto la percezione anche delle conseguenze dell’infermità sulla sua capacità di attendere anche alle normali occupazioni, ossia dal momento in cui ha avuto precisa e sicura notizia della gravità e delle conseguenze invalidanti dell’infermità». Ottenuto questo riconoscimento la persona potrà presentare domanda per la pensione privilegiata.

(Da: Ferri, Aquilani, Saraceno, «Guida pratica Invalidità e Handicap», Il Sole 24 ore, edizione 2004).

Lettera K

Testo K

Lettera L

Testo L

Lettera M

Mainstreaming

Il termine di «mainstreaming», nel linguaggio politico generale, significa «la focalizzazione politica su un principale (“main“) flusso (“stream“) da seguire (“ing“) con coerenti corsi di azione».

Il termine viene adoperato anche in aree specifiche, come negli studi e nelle politiche sulla disabilità. In questo senso, si usa il termine «mainstreaming» per garantire l’inclusione sociale delle persone con disabilità in ogni area della società. La parola è basata sull’immagine di un fiume che ha il corso principale ed alcuni affluenti: gli affluenti rappresentano le politiche speciali, frequenti nel campo della disabilità, mentre il corso principale (“mainstream“) rappresenta le politiche ordinarie, dove devono essere inserite le politiche relative alle persone con disabilità.

«Mainstreaming» significa includere le persone con disabilità nelle politiche che riguardano tutta la società, ma, nello stesso tempo, significa superare gli ostacoli e le barriere, promuovendo un percorso per rendere garantire a tutti le stesse opportunità: per garantire alle persone con disabilità la possibilità di essere parte della società e godere degli stessi diritti ed opportunità di cui godono gli altri cittadini, è necessario mettere in campo azioni positive, soluzioni appropriate di inclusione, sostegni opportuni e la capacità di usare le risorse di tutti per tutti.

Medico di continuità assistenziale

Il medico di continuità assistenziale (guardia medica) «garantisce l’assistenza medica di base a domicilio per situazioni che rivestono carattere di urgenza e che si verificano durante le ore notturne dei giorni feriali e nei giorni prefestivi e festivi con il seguente orario: i giorni feriali dalle ore 20.00 alle ore 8.00; i giorni festivi dalle ore 8.00 alle ore 8.00 del giorno successivo; dalle ore 10.00 del sabato o di altro giorno prefestivo alle ore 8.00 del giorno successivo. L’accesso è diretto.

La guardia medica ha il compito di intervenire al più presto su richiesta diretta dell’assistito e/o della centrale operativa. Il medico di guardia prescrive farmaci per terapia d’urgenza propone il ricovero ospedaliero rilascia certificati di malattia, ma solo in caso di necessità e per un periodo massimo di tre giorni».

Medico di medicina generale

«Figura di base del sistema sanitario, definito anche “medico di base”, “medico curante” o “medico di famiglia”, il medico di medicina generale (spesso abbreviato con la sigla MMG) è il principale interlocutore della domanda di salute del cittadino e lo orienta nell’accesso ai diversi servizi del sistema sanitario».

(Da: www.socialinfo.it).

Medico specialista

Il medico specialista gestisce il «paziente con patologia complicata o severa». Mette a diretta disposizione del medico generale «strumenti diagnostici sofisticati, per agevolare l’iter diagnostico primario». È quindi differente «il contesto in cui lo specialista ed il medico generale sono chiamati ad intervenire: lo specialista deve dirimere dubbi in situazioni specifiche (comportamento orientato sulla patologia), il medico generale è tenuto ad una accorta gestione del paziente tesa ad evidenziare possibili situazioni pericolose partendo da un complesso aspecifico di sintomi sfumati, per lo più nelle fasi precoci della patologia (comportamento orientato sul paziente). (…) Il medico generale individua i casi che necessitano di assistenza di secondo livello e fornisce allo specialista la collaborazione necessaria per l’espletamento del programma assistenziale».
 (Da: www.simg.it).

Menomazione

Diminuzione, danneggiamento fisico o morale. «Indica ogni alterazione anatomica o funzionale, psichica o fisica, rispetto agli standard bio-medici generalmente accettati. È evidente la specificità medica della definizione, richiesta per un apprezzamento quantitativo e soprattutto qualitativo. Altro punto essenziale, è quello di riferimento, cioè la «normalità», che non è intesa come assoluta, quanto piuttosto come un concetto statistico di normalità in rapporto alle persone di stesso sesso ed età. Inoltre, non sempre la stessa menomazione incide in ugual modo nella vita reale di ogni persona».

(Da: www.homolaicus.com).

Minorazione

 Il termine «minorazione», adoperato dalla Costituzione (all’articolo 38) e dalla Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 (all’articolo 3), è sinonimo di «menomazione». Quando la «minorazione» è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa determina un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
 (Da: Centro per l’Autonomia Umbro)

Minorazione progressiva

«Minorazione che avanza seguendo un andamento più o meno regolare e continuo.»
 (Da: Nicola Zingarelli, «Vocabolario della lingua italiana», Zanichelli, 2006)

Minorazione stabilizzata

 «Minorazione permanente, durevole costante che non subisce alterazioni o variazioni nel tempo.»
 (Da: Nicola Zingarelli, «Vocabolario della lingua italiana», Zanichelli, 2006)

Mobilizzazione

 «Procedimento mediante il quale si restituisce ad un arto la capacità di muoversi dopo un lungo periodo di immobilità».
 (Da: Nicola Zingarelli, «Vocabolario della lingua italiana», Zanichelli, 2006).

Modello bio-medico

Il modello bio-medico (anche detto semplicemente «modello medico») della disabilità si fonda su una concezione di malattia riduzionista e descrive la persona come «paziente» e solo in termini di malattie fisiche o psichiatriche. È un modello che non tiene conto del comportamento umano, le abilità interpersonali e comunicative, né dell’ambiente sociale e relazionale proprio della persona.

L’oggetto dell’intervento è la malattia, intesa come deviazione dalla norma di variabili biologiche e somatiche misurabili. Gli obiettivi del modello bio-medico:

  • effettuare una diagnosi di malattia;
  • impostare un trattamento terapeutico.

Focalizzandosi solo sulla malattia, il modello trascura l’importanza dei fattori psicologici e sociali nel determinare lo stato di salute-malattia della persona. Nel rapporto medico-paziente, quest’ultimo viene visto come portatore della malattia e ricettore passivo delle decisioni. Il suo punto di vista e la sua autodeterminazione sono considerati ostacoli al processo diagnostico e di guarigione.

Al modello bio-medico si contrappone il modello sociale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, soprattutto nell’ambito della disabilità, ha adottato un modello sintesi dei due precedenti: il modello bio-psico-sociale.

Modello bio-psico-sociale

Il modello bio-psico-sociale della disabilità proposto dalla Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute (ICF) è una sintesi del modello bio-medico e del modello sociale.

Il modello bio-psico-sociale, a differenza dei due modelli infatti, riesce a cogliere la natura dinamica e reciproca delle interazioni dell’individuo nel proprio ambiente, superando la prospettiva causa-effetto, considerando per la prima volta in modo olistico, l’aspetto medico-biologico, quello psicologico e quello socio-ambientale.

Secondo il modello bio-psico-sociale, quindi, una persona che presenta un’alterazione dei livelli funzionali o strutturali del proprio corpo, non viene più definita “svantaggiata” in un senso statico e rigido, ma, interagendo con l’ambiente, potrà vivere due condizioni:

  • una perdita o una limitazione dei propri livelli di attività e di partecipazione ai contesti di vita, qualora l’ambiente sia ostile o indifferente a causa di barriere (condizione di disabilità);
  • una buona performance nelle attività e nella partecipazione ai contesti di vita, qualora l’ambiente abbia elementi facilitatori (assenza di condizioni di disabilità).

Modello sociale

Con modello sociale della disabilità si intende una visione della disabilità che nasce alla fine degli anni Settanta del XX secolo in contrapposizione all’imperante modello bio-medico.

In generale, una prospettiva ispirata al modello sociale non nega l’importanza di interventi appropriati nella vita delle persone con disabilità basati sulla condizione individuale (siano essi basati sulla medicina, sulla riabilitazione, sull’istruzione o sul lavoro), ma indirizza l’attenzione sui limiti di questi interventi, tesi a favorire l’inclusione in una società comunque costruita da persone senza disabilità che, come massima aspirazione, propone l’integrazione delle persone con disabilità, senza procedere ad una vera inclusione.

Inoltre, contrariamente all’approccio bio-medico, il modello sociale sposta l’attenzione dalle limitazioni funzionali delle persone con disabilità ai problemi causati dagli ambienti “disabilitanti”, da barriere e da culture che provocano forme di disabilità.

Il modello sociale è un approccio olistico che spiega quali problemi specifici vengono vissuti dalle persone con disabilità, avendo riguardo alla totalità dei fattori ambientali e culturali che ne favoriscono l’insorgenza. Fra i vari fattori disabilitanti sono compresi: l’istruzione non inclusiva, sistemi di comunicazione e informatici non fruibili da tutti, sussidi economici inadeguati, servizi sanitari e di solidarietà sociale discriminatori, trasporti, edifici pubblici, alloggi, ambienti di lavoro con barriere architettoniche, nonché la visione negativa, trasmessa da molti mass media, che considera le persone con disabilità oggetto di scerno, paura, riprovazione o compatimento.

Il modello sociale di disabilità, quindi, nasce come strumento con cui è possibile smascherare le tendenze “disabilizzanti” della società per generare politiche e pratiche in grado di facilitarne lo sradicamento.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, soprattutto nell’ambito della disabilità, ha adottato un modello sintesi di questo modello e del modello bio-medico: il modello bio-psico-sociale.

Lettera N

Nomenclatore Tariffario delle Protesi e degli Ausili

Il Nomenclatore Tariffario delle Protesi e degli Ausili, allegato al Decreto Ministeriale n. 332 del 27 agosto 1999, regola la fornitura gratuita da parte del Servizio Sanitario Nazionale di ortesi, protesi ed ausili.

Il Nomenclatore è composto di tre elenchi:

  • Primo elenco: comprende tutti quegli ausili che vengono costruiti su misura (ad esempio, scarpe ortopediche, tutori, protesi, ecc.), o che richiedono un intervento di personalizzazione da parte di un tecnico ortopedico abilitato (ad esempio, le carrozzine personalizzate). Alla fornitura di tali ausili sono ammesse solo le aziende iscritte presso il registro del Ministero della Sanità, previsto dal Decreto legislativo n. 46 del 1997.
  • Secondo elenco: sono compresi gli ausili tecnici che non necessitano di interventi da parte di un tecnico abilitato. Si tratta di prodotti di serie, come il catetere vescicale, i letti o i comunicatori simbolici. In questo caso, non vengono indicate tariffe, ma il prezzo di ciascun prodotto viene determinato attraverso procedure pubbliche di acquisto.
  • Terzo elenco: in questo elenco sono inclusi gli ausili che vengono acquistati direttamente dalle ASL ed erogati alle persone con disabilità. Vi rientrano, ad esempio, gli ausili per la terapia respiratoria (ventilatori, nebulizzatori, concentratori di ossigeno), i microinfusori per la terapia della talassemia, gli apparecchi alimentatori, i monta-scale, e così via. Anche in questo caso, i prezzi sono determinati in base a procedure pubbliche di acquisto.

Per approfondimenti, si consiglia di leggere l’apposita scheda: Erogazione di ausili, protesi e ortesi.

Riferimenti normativi
Decreto Ministeriale n. 332 del 27 agosto 1999
, «Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe» (collegamento a sito esterno).

Non autosufficienza 

La non autosufficienza è quella condizione in cui, a causa di un’alterazione delle funzioni e delle strutture corporee, sono presenti ridotti livelli di attività e restrizioni alla partecipazione. Questa condizione può determinare un elevato grado di dipendenza da supporti esterni.

La non autosufficienza include sia le persone che, pur avendo capacità decisionale, di autodeterminazione e il diritto di esercitarla, hanno però un alto grado di dipendenza, sia quelle persone che non sono in grado di rappresentarsi da sole.

Le persone con un alto grado di dipendenza sono coloro che necessitano di un sostegno nel compiere le attività della vita quotidiana.

Le persone non in grado di rappresentarsi da sole sono coloro che, non potendo esprimere ed assumere decisioni e responsabilità, anche se in grado di compiere le attività della vita quotidiana, si trovano ugualmente in una condizione di restrizione della partecipazione ai contesti di vita.

La condizione di non autosufficienza non implica necessariamente un’assenza di autonomia; invece, l’assenza di autonomia implica necessariamente una condizione di non autosufficienza, perché può imporre alla persona la necessità di un sostegno per porre in essere le scelte della propria vita.

(A cura di: Centro Risorse EmpowerNet)

Nursing

«Il termine “nursing” fa riferimento alla professione di infermiere, il professionista sanitario che opera per l’identificazione e la terapia dei bisogni di salute della persona e della collettività. L’oggetto della prestazione non è la guarigione, ma il fornire cure ritenute idonee per condurre il paziente alla guarigione […]. La legge n. 251 del 10 agosto 2000 individua come principali funzioni svolte dall’infermiere “la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria”».
 (Da: «Manuale di nutrizione artificiale», SINPE 2005).

Lettera O

Oneri deducibili

Il contribuente può operare una deduzione dal reddito complessivo dei seguenti oneri:

  • le spese mediche generiche e di assistenza specifica per le persone riconosciute in «stato di handicap» ai sensi dell’articolo 3 della Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 (v. schede di approfondimento);
  • i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori e alcuni volontari;
  • i contributi per la previdenza complementare e i premi e contributi versati alle forme pensionistiche individuali;
  • i contributi previdenziali versati per gli addetti ai servizi domestici e all’assistenza personale o familiare;
  • le erogazioni liberali alle istituzioni religiose;
  • gli assegni periodici per il mantenimento del coniuge separato o divorziato;
  • gli assegni periodici corrisposti in forza di testamento o di donazione modale;
  • gli assegni alimentari stabiliti dal giudice e corrisposti ai familiari indicati nell’articolo 433 del Codice civile;
  • i contributi a consorzi obbligatori;
  • i contributi per i Paesi in via di sviluppo;
  • i contributi versati ai fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale;
  • i canoni, livelli e censi;
  • le indennità per perdita dell’avviamento corrisposte per disposizione di legge al conduttore;
  • le somme corrisposte ai dipendenti chiamati ad adempiere alle funzioni elettorali;
  • le somme restituite al sostituto d’imposta, se tassate in precedenza;
  • il 50% delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’adozione di minori stranieri, purché certificate dagli enti autorizzati a curare le relative procedure;
  • le somme erogate a titolo di liberalità per il pagamento delle spese difensive di coloro che vengono ammessi al gratuito patrocinio.

Oneri detraibili

Il contribuente può operare una detrazione dal reddito complessivo dei seguenti oneri:

  • le spese sanitarie (per l’importo eccedente euro 129,11);
  • le spese sostenute per l’acquisto dei veicoli, dei sussidi tecnici e informatici e gli altri mezzi di ausilio per le persone riconosciute in «stato di handicap» ai sensi dell’articolo 3 della Legge 104 del 5 febbraio 1992 (v. schede di approfondimento);
  • spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale (cosiddetti «badanti») nei casi di persone con disabilità non autosufficienti nel compimento degli atti di vita quotidiana;
  • gli interessi passivi sui mutui destinati all’acquisto dell’abitazione principale e quelli per la ristrutturazione stipulati nel 1997, gli interessi passivi sui mutui stipulati a partire dal 1998 per la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale;
  • gli interessi passivi per prestiti e mutui agrari;
  • le spese funebri;
  • le tasse scolastiche;
  • i premi di assicurazione sulla vita e contro gli infortuni (per i contratti stipulati fino al 2000);
  • i premi per le assicurazioni aventi per oggetto il rischio di morte, di invalidità permanente non inferiore al 5% o di non autosufficienza nel compimento degli atti quotidiani (contratti stipulati o rinnovati dal 1° gennaio 2001);
  • spese veterinarie;
  • spese per la conservazione del patrimonio storico e artistico;
  • erogazioni liberali per lo spettacolo e/o enti lirici;
  • erogazioni liberali in denaro per attività culturali ed artistiche;
  • erogazioni liberali a favore delle ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale);
  • erogazioni liberali a favore delle associazioni di promozione sociale;
  • erogazioni liberali ai partiti e movimenti politici;
  • contributi associativi versati alle società di mutuo soccorso;
  • erogazioni liberali a favore della Società di cultura La Biennale di Venezia;
  • erogazioni liberali a favore delle associazioni sportive dilettantistiche;
  • compensi corrisposti agli intermediari immobiliari per l’acquisto dell’abitazione principale;
  • spese sostenute per l’iscrizione annuale e l’abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture ed impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica di ragazzi tra i 5 e i 18 anni;
  • contratti di locazione stipulati da studenti iscritti ad un corso di laurea presso un’università ubicata in un comune diverso da quello di residenza.

Ortesi

«Apparecchio sviluppato con diversi materiali atto a ripristinare o correggere deformità evidenti».

(Da: www.ortopediaalfonsi.it).

È formato da «elementi (o insieme di elementi) organizzati in una struttura, destinati a rendere più funzionale una parte o tutto il corpo, in modo da limitare od evitare perdite di autosufficienza (esempio: bastone, carrozzina, doccia funzionale per avambraccio, ecc.)».

(Da: www.spread.it).

Lettera P

Patente speciale

La patente speciale è una patente che ha la stessa validità e funzione dalla patente ordinaria e viene rilasciata a tutte le persone cui sia stata riconosciuta un’invalidità motoria o sensoriale purché le loro menomazioni anatomiche e funzionali non impediscano di condurre con sicurezza veicoli a motore.

Il rilascio della patente speciale è conseguente alla valutazione dell’idoneità alla guida da parte della Commissione Medica per le Patenti (di cui si veda la specifica scheda).

Presso il Centro di Mobilità Umbro è possibile effettuare prove su simulatore di guida e con auto adattata (su apposito circuito) per conoscere e valutare le varie tipologie di adattamento all’auto.

La patente speciale, come l’ordinaria, è suddivisa in classi:

  • con la “A Speciale” si possono condurre motocicli;
  • con la “B Speciale” si possono guidare tutte le autovetture;
  • con la “C Speciale” è quella relativa agli autoveicoli di massa complessiva, a pieno carico, superiore alle 3,5 tonnellate (ma inferiore alle 11,5), anche se trainanti un rimorchio leggero;
  • con la “D Speciale” si possono guidare gli autobus e autoveicoli per trasporto persone, con non più di otto posti a sedere (escluso il conducente).

Patologie coesistenti

Sono le menomazioni incidenti su diversi organi e apparati rispetto a quelli colpiti dalla patologia principale. Nello stabilire la percentuale dell’invalidità civile non vengono considerate le patologie che, nella tabella dell’invalidità civile (stabilita con Decreto Ministro della Sanità del 5 febbraio 1992), presentano un valore pari o inferiore al 10%.

(Da: Vincenzo Micela, «Manuale pratico dell’invalidità civile e della disabilità», Maggioli, 2006).

Patologie concorrenti

Sono le menomazioni che interessano lo stesso organo o lo stesso apparato colpito dalla patologia principale. Nello stabilire la percentuale dell’invalidità civile è necessario considerare le singole patologie che, nella tabella dell’invalidità civile (stabilita con Decreto Ministro della Sanità del 5 febbraio 1992), presentano un valore pari o inferiore al 10%.

(Da: Vincenzo Micela, «Manuale pratico dell’invalidità civile e della disabilità», Maggioli, 2006).

Patronato

Peer counseling

Il peer counseling offre orientamento e sostegno promuovendo le potenzialità insite in ogni individuo o gruppo. È un metodo che attraverso l’uso della relazione facilita lo sviluppo delle risorse personali e consente di attivare un processo volto a risolvere problemi specifici, a prendere decisioni, a sviluppare risorse, a promuovere e sviluppare la consapevolezza personale, ad elaborare conflittualità interne e a migliorare le relazioni con gli altri. Attraverso il counseling è possibile sostenere le capacità adattive della persona rispetto ad eventi esterni.
Il counseling è dunque un intervento informativo, esplicativo e di supporto finalizzato non tanto a trovare soluzioni, ma a far sì che la persona mobiliti le proprie risorse per migliorare la qualità della propria vita nel quotidiano. L’obiettivo generale è quello di offrire alla persona la possibilità di lavorare con modalità da lei stessa definite per condurre una vita maggiormente soddisfacente e ricca di risorse.

Peer counsellor

Letteralmente significa «consulente». Nel processo di aiuto è colui che offre una «consulenza alla pari» nei confronti di persone che vivono lo stesso problema e che cercano soluzioni per risolverlo.
(Da: Centro per l’Autonomia Umbro).

Pensione ai sordomuti

La pensione ai sordomuti (denominata anche «pensione non reversibile») spetta ai cittadini riconosciuti in stato di sordità di natura congenita o acquisita (sordità di natura neurogena). Non viene concessa a coloro che presentano sordità di tipo trasmissivosordità di natura psichica o per causa di lavoro, servizio o guerra.

Requisiti:

  • avere un’ipoacusia congenita o acquisita durante l’età evolutiva tale da aver impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato (pari o superiore a 75 decibel HTL di media tra le frequenze 500, 1000, 2000 Hertz nell’orecchio migliore);
  • avere un età compresa tra i 18 e i 65 anni;
  • essere cittadini italiani, oppure cittadini stranieri con Carta di Soggiorno;
  • risiedere nel territorio nazionale;
  • avere un reddito non superiore a quello fissato annualmente (per il 2007 il limite reddituale è pari a Euro 14.256,92).

Decorrenza e durata:
La pensione non reversibile decorre dal mese successivo a quello di presentazione della domanda di riconoscimento; la pensione viene concessa fino al compimento dei 65 anni, a tale età è trasformabile in assegno sociale.

Compatibilità:
La pensione non reversibile è compatibile con:

Quando si compiono 65 anni:
Al compimento del sessantacinquesimo anno di età, la pensione ai sordomuti si trasforma in «assegno sociale».

APPROFONDIMENTI:

Scheda tematica: Contributi economici.

RIFERIMENTI NORMATIVI:

Legge n. 381 del 26 maggio 1970, «Aumento del contributo ordinario dello Stato a favore dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza ai sordomuti e delle misure dell’assegno di assistenza ai sordomuti».

Legge n. 33 del 29 febbraio 1980, «Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, concernente provvedimenti per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, per la previdenza, per il contenimento del costo del lavoro e per la proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla L. 1° giugno 1977, n. 285, sull’occupazione giovanile».

Pensione di inabilità (invalidi civili totali)

La pensione di inabilità spetta alle persone che, a seguito dell’accertamento dell’invalidità civile, presentino quattro requisiti: un riconoscimento di inabilità totale, uno stato di bisogno economico un’età compresa tra i 18 e 65 anni, essere cittadini italiano residente in Italia o cittadino straniero (con specifiche condizioni).

1. La totale inabilità al lavoro.
Non è intesa come assoluta incapacità di attendere ad un lavoro, ma quale situazione che comporti gravissimi condizionamenti, per cui la pensione spetta anche a persone che possono svolgere un’attività lavorativa al di fuori del proprio domicilio. Per questo motivo, l’inabilità al lavoro richiesta per poter accedere alla pensione di inabilità per le persone invalide civili si differenzia dal concetto di inabilità lavorativa richiesta per poter accedere alle forme pensionistiche previdenziali (pensione ordinaria di inabilità e assegno ordinario di invalidità). Per approfondimenti, si veda il concetto di «inabilità al lavoro».

In generale, la totale inabilità al lavoro che viene considerata per l’erogazione della pensione di inabilità corrisponde ad una percentuale di invalidità civile pari al 100%.

2. Lo stato di bisogno economico.
L’erogazione della pensione ai cittadini con disabilità in stato di bisogno economico è disciplinato dall’articolo 38, comma 1, della Costituzione della Repubblica italiana, il quale prevede che: «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale».

Da questo principio – che si è poi evoluto nel corso degli anni (superando anche la concezione dell’inabilità al lavoro di cui la punto precedente) – deriva la pensione di inabilità, per la quale, quindi, ogni anno, viene sancito un preciso importo ed un limite reddituale annuo che la persona con disabilità non deve superare per poter continuare a beneficiare della pensione (leggi qui la scheda degli importi e dei limiti reddituali annuali).

Attenzionedal 1° gennaio 2013, il limite reddituale da non superare per poter percepire la pensione comprende anche quello dell’eventuale coniuge.

3. L’età lavorativa.
La pensione, originariamente concepita per gli «inabili al lavoro», tutela la persona all’interno della fascia d’età lavorativa: dai 18 fino ai 65 anni.

Prima dei 18 anni, il minorenne con disabilità può accedere ad altre prestazioni economiche: indennità mensile di frequenza e indennità di accompagnamento per gli invalidi civili.

Dopo i 65 anni, la persona con disabilità può accedere all’assegno sociale (ex pensione sociale) (con specifiche disposizioni se l’invalidità civile è stata riconosciuta primo o dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di età).

4. Cittadini italiani e cittadini extracomunitari
I cittadini italiani possono accedere alla prestazione rispettando i requisiti posti sopra. Per i cittadini extracomunitari, si consiglia la lettura dell’apposita scheda.

Compatibilità:
La pensione di inabilità è compatibile con l’indennità di accompagnamento.

Incompatibilità:
La pensione di inabilità, essendo erogata in virtù dell’accertamento dell’invalidità civile, è incompatibile con altre provvidenze concesse a seguito di accertamenti di invalidità di guerrainvalidità per servizio e invalidità per lavoro.

Responsabilità, accreditamento e decorrenza:
Nel caso in cui venga riconosciuta la pensione, si deve compilare la dichiarazione di responsabilità, e scegliere la modalità di pagamento. In linea generale, l’INPS ha solo il compito di provvedere al pagamento mensile dell’assegno.

L’INPS provvede al pagamento delle prestazioni di invalidità civile in modo analogo a quello adottato per le pensioni. La prestazione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda o da diversa decorrenza indicata nel verbale medico (per maggiori informazioni, leggi la scheda sulle modalità di accreditamento).

Pensione di reversibilità

Conosciuta anche come «pensione ai superstiti», è la pensione che, alla morte del lavoratore assicurato o pensionato, spetta ai componenti del suo nucleo familiare. Questa pensione può essere di reversibilità, se la persona deceduta era già pensionata (pensione di vecchiaia, anzianità o inabilità) oppure indiretta se aveva almeno 15 anni di contributi oppure era assicurato da almeno 5 anni di cui almeno 3 versati nel quinquennio precedente la data di morte.

APPROFONDIMENTI:

Si consiglia di visitare la pagina on line del sito dell’INPS a riguardo.

Pensione non reversibile per i sordi

Vedere sotto «pensione ai sordomuti».

Pensione ordinaria di inabilità

La pensione ordinaria di inabilità si può ottenere quando si verifica un’infermità fisica o mentale, accertata dalla Commissione Medica dell’INPS tramite l’accertamento della capacità lavorativa specifica, che provochi una assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa. Vincolo di tale prestazione è, ovviamente, quello di non poter svolgere alcuna attività lavorativa. La pensione di inabilità non è definitiva, può essere soggetta a revisione e non viene trasformata in pensione di vecchiaia.

Nel calcolare l’importo, alle settimane di contribuzione maturate, viene aggiunto un bonus che copre il periodo mancante dalla decorrenza della pensione fino al raggiungimento di 55 di età anni per le donne e di 60 per gli uomini. Il bonus, tuttavia, non deve far superare complessivamente i 40 anni di anzianità contributiva.

La domanda per ottenere la pensione di inabilità può essere presentata direttamente alla sede dell’INPS della propria città o tramite gli Enti di patronato e di assistenza sociale, oppure inviata per posta. Il modulo di domanda è disponibile presso le sedi INPS e sul sito web dell’Istituto nella sezione “moduli“.

È necessario fornire i seguenti dati, servendosi dei moduli allegati alla domanda:

  • stato di famiglia (autocertificazione);
  • data di cessazione dell’attività lavorativa subordinata;
  • diritto alle detrazioni d’imposta;
  • situazione reddituale per accertare il diritto all’integrazione al trattamento minimo, alle maggiorazioni sociali di legge, all’assegno per il nucleo familiare o agli assegni familiari.

Inoltre, alla domanda devono essere allegati:

  • la certificazione sanitaria rilasciata dal medico curante su apposito modulo;
  • i modelli CUD rilasciati dal datore di lavoro per gli anni non presenti sull’estratto conto assicurativo;
  • le attestazioni di pagamento, relative all’ultimo anno, se l’ultima attività si riferisce a lavoro autonomo, a lavoro domestico o a versamenti volontari.

Pensione per i ciechi civili assoluti

La pensione per i ciechi civili assoluti viene erogata ai maggiorenni ciechi assoluti che si trovino in stato di bisogno economico. Per questa seconda condizione vengono annualmente fissati dei limiti di reddito personale che non devono essere superati dal titolare della pensione.

Requisiti:

  • essere stato riconosciuto cieco assoluto;
  • essere maggiorenne;
  • essere cittadino italiano residente in Italia, o essere cittadino straniero titolare di carta di soggiorno;
  • non disporre di un reddito annuo personale superiore a quello che viene disciplinato annualmente.

APPROFONDIMENTI:

Scheda tematica: Contributi economici (*).

(*) Attenzione: l’importo della pensione varia nel caso in cui la persona riconosciuta cieca assoluta si trovi ricoverata in un istituto con pagamento della retta a carico, anche in parte, dello Stato o di altro Ente pubblico.

RIFERIMENTI NORMATIVI:

Legge n. 66 del 10 febbraio 1962 (articolo 8), «Nuove disposizioni relative all’Opera nazionale per i ciechi civili».

Pensione per i ciechi parziali

La pensione per i ciechi civili parziali viene erogata a coloro che hanno un residuo visivo non superiore ad un ventesimo in entrambi gli occhi anche con eventuale correzione.

Ai fini dell’erogazione della provvidenza è previsto che i beneficiari si trovino in stato di bisogno economico. Per questa seconda condizione vengono annualmente fissati dei limiti di reddito personale che non devono essere superati dal titolare della pensione.

Requisiti:

  • essere stato riconosciuto cieco parziale (ossia con un residuo visivo non superiore al totale di un ventesimo in entrambi gli occhi anche con eventuale correzione);
  • essere maggiorenni o minorenni;
  • essere cittadino italiano residente in Italia, o essere cittadino straniero titolare di carta di soggiorno;
  • non disporre di un reddito annuo personale superiore a quello disciplinato annualmente dalle leggi in materia.

APPROFONDIMENTI:

Scheda tematica: Contributi economici.

RIFERIMENTI NORMATIVI:

Legge n. 66 del 10 febbraio 1962 (articolo 8), «Nuove disposizioni relative all’Opera nazionale per i ciechi civili».

Pensione sociale

La pensione sociale, istituita con la Legge 153/1969, viene concessa ai cittadini che hanno compiuto il 65° anno di età e si trovano in condizioni economiche di bisogno. Con la Legge 335/1995 è stata sostituita dall’«assegno sociale». Rimane in vigore solo per coloro che hanno compiuto 65 anni prima del 31 dicembre 1995.

Vedere «assegno sociale (ex pensione sociale)».

NORMATIVA DI RIFERIMENTO:

Legge n. 153 del 30 aprile 1969, «Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale».

Persona con disabilità

Secondo il modello di disabilità proposto dalle due Classificazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICF e ICF-CY), le persone con disabilità, vivendo l’interazione sfavorevole delle proprie condizioni di salute con un ambiente ostile (ossia con barriere e privo di facilitatori), sono individui discriminati poiché vivono la mancanza di pari opportunità nella partecipazione alla società.

In questo senso, quindi, si l’OMS ritiene necessario abbandonare il termine handicap (definizione) e termini derivati e composti.

Persona con disabilità non autosufficiente

Una persona può presentare un’alterazione dei livelli funzionali o strutturali del proprio corpo che incide sulla possibilità di svolgere, senza l’aiuto di terzi, le attività fondamentali della vita quotidiana; l’alterazione, quindi, incide sul suo livello di autosufficienza. Questa persona, quando interagisce con un ambiente privo di un adeguato sistema di politiche, servizi ed interventi, vive una perdita o una limitazione dei propri livelli di attività e di partecipazione ai contesti di vita che determina una condizione di disabilità, intesa come discriminazione.

Si considerano attività fondamentali della vita quotidiana:

  • lavarsi;
  • vestirsi;
  • usare il gabinetto;
  • spostarsi;
  • controllare gli sfinteri e la vescica;
  • alimentarsi.

Piani Integrati per gli Spazi Urbani (PISU)

I Piani Integrati per gli Spazi Urbani (PISU) sono predisposti dai Comuni con l’obiettivo specifico dell’abbattimento delle barriere architettoniche negli spazi urbani per migliorarne accessibilità e percorribilità per tutti. Questo obiettivo deve essere perseguito non solo tramite interventi sull’esistente volti all’eliminazione delle barriere architettoniche, ma anche tramite la definizione di norme di “buona progettazione” della città: gli spazi devono nascere in funzione dell’accessibilità e della fruizione e godibilità dei cittadini. La fase di analisi e censimento delle barriere architettoniche, quindi, deve porsi come interrogativo non solo cosa può costituire un ostacolo al movimento ma anche cosa favorisce il movimento e le relazioni sociali, e quindi come lo spazio può essere ripensato ed attrezzato a questo scopo. Ciò vuol dire innanzitutto che gli utenti di riferimento non sono solo le persone con disabilità, ma tutti i cittadini, con particolare attenzione a quelli che sono definiti “utenti deboli” (anziani e bambini).

Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA)

Il Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA), previsto dall’articolo 32 della Legge 41/1986 e dall’art. 24, comma 9, della Legge 104/1992, è uno strumento in grado di consentire alle varie amministrazioni un controllo spazio-temporale degli interventi mirati al superamento o all’eliminazione delle barriere architettoniche, consentendo, quindi, la programmazione economica ed organizzativa dell’intera operazione.

Il PEBA, quindi, prevede l’analisi della situazione dell’accessibilità a livello edilizio ed urbano, attraverso il rilievo degli edifici e dei percorsi urbani, individuando le possibili soluzioni con stima dei costi, proponendo la fase preliminare alla progettazione e consentendo una programmazione degli interventi.

Normativa di riferimento

Legge n. 41 del 28 febbraio 1986, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 1986)» (collegamento a sito esterno).

Legge n. 104 del 5 febbraio 1992, «Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate» (collegamento a sito esterno).

Piano Didattico Personalizzato (PDP)

Il Piano Didattico Personalizzato (PDP), anche detto Piano Educativo Personalizzato (PEP), ha lo scopo di indicare gli strumenti compensativi e dispensativi che il Consiglio di Classe intende adottare nelle diverse discipline scolastiche, nonché le modalità di verifica e di valutazione che si intendono applicare, per supportare il percorso di studio di alunni che hanno Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

Il PDP non deve essere confuso con il Piano Educativo Individualizzato (PEI) che è riferito agli alunni con disabilità. La richiesta del PDP per gli alunni con DSA (né la stessa diagnosi di DSA) non necessita dell’accertamento dello stato di handicap (Legge n. 104/1992).

Normativa di riferimento

Decreto Ministeriale del 12 luglio 2011.

Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento.

Piano Educativo Individualizzato (PEI)

Il Piano Educativo Individualizzato (PEI) è il progetto globale dell’alunno con disabilità attraverso il quale si realizza l’inclusione scolastica. È lo strumento di programmazione di tutti gli interventi che l’équipe multidisciplinare intende realizzare per garantire lo sviluppo dell’alunno con disabilità in relazione ai diversi ambiti di crescita (intellettivo e affettivo/relazionale).

Viene redatto, entro il secondo mese dell’anno scolastico, dal gruppo di lavoro formato da tutti gli insegnanti del Consiglio di Classe, dagli insegnanti di sostegno, dai genitori dell’alunno in collaborazione con l’Unita Multiprofessionale della ASL. È calibrato sulle risultanze della diagnosi funzionale, ma può essere modificato durante l’anno scolastico, a seguito di verifiche.

Il PEI contiene: finalità e obiettivi didattici programmati, itinerari di lavoro, tecnologie, modalità di coinvolgimento della famiglia ed interventi di carattere riabilitativo e sociale.

Nel corso dell’anno scolastico, i responsabili del PEI attuano una verifica di medio termine sulle attività realizzate e formulano gli eventuali adeguamenti. Il PEI è rivisto ed aggiornato all’inizio di ogni anno scolastico, effettuando una verifica dei progressi realizzati.

Piano Educativo Personalizzato (PEP)

Presa in carico

La presa in carico è il presupposto metodologico dei diversi interventi a favore delle persone di sostegno alla domiciliarità. La presa in carico comporta interventi di valutazione, consulenza, orientamento, raccordo con le risorse solidaristiche pubbliche e private del territorio, attivazione di prestazioni proprie (assistenza domiciliare, assistenza economica, ecc.), indicazioni per l’accesso ad altre risorse (quali ad esempio il riconoscimento dell’invalidità civile, il riconoscimento dello stato di handicap, ecc.), sostegno alle relazioni familiari, soprattutto.

La presa in carico, generalmente, è esercitata dal «case manager» del Servizio Sociale Professionale che appartiene al Servizio Sociale dei Comuni, gestito in forma diretta o delegata ad altri enti (come ad esempio le Aziende Sanitarie Locali).

Nell’ambito della presa in carico della persona e della famiglia, il Servizio Sociale esercita la funzione di raccordo degli interventi e delle risorse sociali, socio-sanitarie e assistenziali attivabili nella definizione e nella gestione del Progetto Individuale.

La presa in carico viene quindi inquadrata in una visione complessiva di punto di riferimento per la persona e la famiglia, in analogia al ruolo svolto dal Comune.

Per approfondimenti, leggi il focus: «Il Progetto Individuale per la presa in carico delle persone con disabilità».

Vedi anche: «case management».

Prescrizione medica

«La ricetta medica, detta anche prescrizione medica o ricetta bianca, è sostanzialmente un’autorizzazione scritta data da un medico ad un farmacista per consegnare quei farmaci che devono essere venduti con autorizzazione a chi ne ha bisogno. Generalmente, una ricetta medica può essere scritta su un normale foglio di carta, anche con un computer, basta che sia chiaro: il nome del farmaco oppure il nome del suo principio attivo (sulla base del quale il farmacista può offrire il più economico farmaco brevettato o generico); la quantità di farmaco presente in una dose o nella confezione (se sono in commercio più confezioni di diverso dosaggio); la data in cui è stata scritta la ricetta;i dati del medico;la firma del medico, che deve essere sempre scritta a penna in originale e leggibile».
(Da: www.intrage.it)

Presìdi medici

«Preparato, apparecchio, dispositivo che viene introdotto nel corpo umano o viene posto direttamente o indirettamente a contatto con esso a fini terapeutici, correttivi, sostitutivi, profilattici o diagnostici; deve essere farmacologicamente inerte e giudicato idoneo dall’autorità sanitaria. Sono presìdi medici chirurgici, per esempio, insetticidi, disinfettanti, apparecchi acustici, siringhe, cannule, tubi per drenaggio ecc.». 
(Da: www.sanihelp.it).

Presìdi sanitari

Si tratta di: protesi e presìdi personalizzati come scarpe ortopediche, plantari, arti, deambulatori, carrozzine a ruote grandi, carrozzine pieghevoli, sistemi di postura ed altri presìdi.
«La fornitura di presìdi sanitari è compito» della Azienda USL «e si inquadra nella assistenza diretta [e …] nelle prestazioni sanitarie […] “dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualsiasi causa” che “…sono erogate dalle Unità Sanitarie Locali attraverso i propri servizi” e, dunque, in forma diretta. Tali prestazioni (che comprendono anche la fornitura delle protesi ed altri ausili tecnici di cui al nomenclatore tariffario […] possono essere assicurate anche in forma diretta ma solo “…quando [l’Azienda USL] non sia in grado di fornire il servizio direttamente…” e mediante apposite “…convenzioni stipulate in conformità ad uno schema tipo, e, quindi, giammai riconducibili alle convenzioni stipulate per l’assistenza farmaceutica”».
(www.dirittosanitario.net).

Prevenzione

«Prevenire significa essenzialmente informare: la prevenzione è sostanzialmente informazione. Prevenire, quindi, non è sottoporsi ad una serie più o meno completa d’esami, ciò serve certamente a riconoscere precocemente (diagnosi precoce) le condizioni di malattia e quindi permette di intervenire tempestivamente con molta probabilità di successo nella cura, ma il primo passo per una reale prevenzione è conoscere (e conoscere vuol dire essere informati) le regole per una vita sana e poi praticarle».

(Da: www.isit100.fe.it/analisi/prevenzione.htm).

I tre livelli di prevenzione sono la prevenzione primaria, secondaria e terziaria.

Nella prevenzione primaria avviene di fatto la prevenzione dello sviluppo della patologia.

I tipi di prevenzione primaria includono i seguenti:

  • Vaccinazioni

  • Consulenza per modificare il comportamento ad alto rischio

  • Talvolta chemioprevenzione

Nella prevenzione secondaria, la malattia è riconosciuta e curata precocemente, spesso prima della comparsa dei sintomi, riducendo pertanto al minimo le conseguenze gravi.

I tipi di prevenzione secondaria includono i seguenti:

  • Programmi di screening, come la mammografia per il tumore della mammella e l’assorbimetria a raggi X a doppia energia (DXA) per l’osteoporosi.

  • Il rintracciamento dei partner sessuali di un soggetto a cui sia stata diagnosticata un’infezione a trasmissione sessuale (tracciamento dei contatti) e il trattamento di tali persone, se necessario, per ridurre al minimo la diffusione della malattia.

Nella prevenzione terziaria, una malattia pregressa, di solito cronica, viene trattata allo scopo di prevenire complicanze o ulteriori danni che potrebbe causare.

I tipi di prevenzione terziaria includono i seguenti:

  • Per i soggetti che soffrono di diabete: Il controllo della glicemia, un’eccellente cura della pelle, frequenti esami del piede e un’attività fisica frequente, al fine di prevenire le malattie cardiovascolari

  • Per le persone che hanno avuto un ictus: Assunzione di aspirina per prevenire un secondo ictus

  • La possibilità di accedere a un servizio riabilitativo e di supporto per prevenire il deterioramento e massimizzare la qualità della vita, come la riabilitazione dopo incidenti, attacco cardiaco o ictus

  • La prevenzione delle complicanze negli invalidi, come la prevenzione delle piaghe da decubito nel paziente allettato.

(Da: www.msdmanuals.com/it/casa/multimedia/table/tre-livelli-di-prevenzione)

Profilo Dinamico Funzionale (PDF)

Il Profilo Dinamico Funzionale (PDF) fornisce il quadro globale dell’evoluzione del percorso scolastico ed educativo dell’alunno con disabilità. Costituisce una guida per la progettazione degli interventi, evidenziando i bisogni dell’alunno e le sue risorse ed indicando le strategie utili per attivarle e valorizzarle. Alla formulazione e alla verifica del PDF partecipano gli operatori dell’Unità Multiprofessionale della ASL, gli insegnanti curriculari, gli insegnanti di sostegno e i familiari. Il coinvolgimento della famiglia nella stesura e nelle verifiche del PDF è essenziale in quanto configura le premesse per stabilire un percorso ed una crescita comuni.

L’Istituto scolastico provvede ad elaborare:

  • una descrizione funzionale relativa alle competenze ed abilità dell’alunno;
  • una successiva definizione degli obiettivi che l’alunno potrà presumibilmente raggiungere nel proprio percorso.

Il PDF per la parte relativa al livello di sviluppo potenziale esprime gli obiettivi generali in base ai quali, nel Piano Educativo Individualizzato (PEI), vengono esplicitati gli obiettivi didattici specifici.

L’Unità Multiprofessionale della ASL provvede ad elaborare:

  • una descrizione delle potenzialità dell’alunno;
  • un’analisi di come l’alunno si pone in rapporto alle strategie operative che saranno adottate.

Il PDF, quindi, poiché indica il possibile sviluppo dell’alunno, deve essere aggiornato in tempi brevi (sei mesi), in tempi medi (due anni) e ad ogni passaggio di grado di istruzione.

Profilo socio-lavorativo

Il Profilo socio-lavorativo viene effettuato dall’assistente sociale e ha lo scopo di acquisire notizie utili per individuare la persona con disabilità nel suo ambiente, la sua situazione familiare, di scolarità e di lavoro. Il Profilo socio-lavorativo va presentato alla Commissione medica dell’ASL per l’accertamento della capacità lavorativa e la successiva iscrizione alle liste per il collocamento mirato (ai sensi della Legge n. 68/1999).

Normativa di riferimento

Legge n. 68 del 12 marzo 1999, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili».

Progetto Individuale

Il Progetto Individuale (previsto dall’art. 14 della L. 328/00) rappresenta la definizione organica degli interventi e servizi che dovrebbero costituire la risposta complessiva ed unitaria che la rete dei servizi – a livello assistenziale, riabilitativo, scolastico e lavorativo – deve garantire alle persone con disabilità per il raggiungimento del loro progetto di vita.

I piani che dovrebbero costituire parte integrante del Progetto Individuale, frutto della presa in carico dell’Unità Multidisciplinare Valutazione Disabili (area infantile e adulti) – UMVD, sono:

Il Progetto Individuale, nella sua definizione e realizzazione, è un processo dinamico che deve sapersi adattare alle necessità delle persone che mutano nelle diverse fasi della vita. Deve, quindi, garantire continuità nei processi, soprattutto in occasione di quelle fasi di passaggio avvertite come particolarmente critiche e spesso di abbandono.

Una presa in carico globale richiede un approccio multidimensionale e, quindi, è necessaria un’équipe multiprofessionale (UMVD, come da DGR 441/2005, in attesa di modifica) che sia integrata da figure professionali specifiche, relativamente agli ambiti di vita della persona con disabilità.

Gli interventi ed i servizi previsti vengono raccolti in un Dossier Unico, curato dall’assistente sociale di riferimento, nel ruolo di case manager.

Prerequisito per l’attivazione del percorso di presa in carico è l’accertamento della condizione di disabilità, attualmente disciplinato dalla Legge n. 104/1992.

Normativa di riferimento

Legge n. 328 dell’8 novembre 2000,«Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali».

Legge n. 162 del 21 maggio 1998, «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave».

Legge n. 104 del 5 febbraio 1992, «Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate».

Progetto riabilitativo individuale

Il «progetto riabilitativo individuale» viene elaborato dall’équipe multidisciplinare riabilitativa e tiene conto dei bisogni e delle preferenze del paziente (e/o dei suoi familiari), considerando le sue menomazionidisabiltà e, soprattutto, le abilità residue e recuperabili, oltre che i fattori ambientali, contestuali e personali. Definisce, inoltre, come deve essere composta l’équipe, e quali possono essere gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, i tempi previsti, le azioni e gli interventi necessari al raggiungimento degli esiti desiderati.

(Da: Centro per l’Autonomia Umbro).

Programma Assistenziale Personalizzato (PAP)

Il Programma Assistenziale Personalizzato (PAP), – denominato anche Piano Assistenziale Individuale (PAI) – definito dall’Unità Multidisciplinare di Valutazione Disabili (UMVD) sulla base dei livelli di «gravità» della condizione complessiva della persona con disabilità, ha il compito di realizzare un sistema integrato di interventi sanitari e socio-assistenziali, secondo i «pacchetti» di servizi e di prestazioni previsti dal Progetto Regionale Integrato per Non Autosufficienza (PRINA) di cui alla Legge Regionale n. 9 del 4 giugno 2008 e ad oggi presente nel Testo Unico in materia di Sanità e Servizi sociali, L.R. 9 aprile 2015 n. 11.

L’UMVD individua anche il responsabile del PAP (case management) che, sulla base della prevalenza della tipologia di intervento, afferisce alle Aziende Sanitarie Locali o al Servizio Sociale del Comune. Il responsabile del PAP, oltre a garantirne gli esisti, è anche il referente della persona e della famiglia.

All’interno del PAP vengono definite indicazioni quantitative, temporali e di flessibilità sull’erogazione delle prestazioni, l’allocazione delle risorse professionali, strumentali, tecniche ed economiche necessarie.

Le prestazioni previste nel PAP dovrebbero essere coerentemente inserite all’interno del più generale Progetto Individuale.

Programma d'Azione Italiano per la Promozione dei Diritti e l'Integrazione delle Persone con Disabilità

Il Programma d’Azione Italiano per la Promozione dei Diritti e l’Integrazione delle Persone con Disabilità è un documento redatto e approvato nel febbraio 2013 dall’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità – organismo previsto dalla Legge n. 18 del 3 marzo 2009  di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, che ne tutela, monitora e promuove i princìpi.

Il Programma d’Azione segue l’invio, nel novembre 2012, sempre da parte dell’Osservatorio Nazionale del primo Rapporto Italiano alle Nazioni Unite, sull’implementazione nel nostro Paese della Convenzione dell’ONU.

Il Programma d’Azione ha respiro biennale e individua le aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la promozione e la tutela dei diritti delle persone con disabilità, in una prospettiva coerente e unitaria, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali della Strategia Europea sulla Disabilità 2010-2020 e della Convenzione ONU.

Il testo, sottoposto a lettura nel Consiglio dei Ministri e al parere della Conferenza Unificata (sede congiunta della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed Autonomie Locali), è stato approvato dal Governo e, con Decreto del Presidente della Repubblica del 4 ottobre 2013 (pubblicato su Gazzetta Ufficiale n. 303 del 28 dicembre 2013), è diventato Legge dello Stato.

Leggi il testo del Programma d’Azione Italiano per la Promozione dei Diritti e l’Integrazione delle Persone con Disabilità.

Promozione della salute

La promozione della salute è «il processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla» (1986, dalla Carta di Ottawa per la promozione della salute). La promozione della salute mira soprattutto a raggiungere l’eguaglianza nelle condizioni di salute tra le persone. Il suo intervento si prefigge di ridurre le differenziazioni evidenti nell’attuale stratificazione sociale della salute, offrendo a tutti eguali opportunità e risorse per conseguire il massimo potenziale di salute possibile. Questo comprende: un saldo radicamento in un ambiente accogliente, l’accesso alle informazioni, le competenze necessarie alla vita, la possibilità di compiere scelte adeguate per quanto concerne la propria salute.

La promozione della salute non è responsabilità esclusiva del settore sanitario: prevede l’intervento, la collaborazione e il coordinamento di settori diversi dalla sanità (istruzione, cultura, trasporti, agricoltura, turismo, ecc.) per realizzare iniziative in grado di migliorare lo stato di salute della popolazione.

(Da: www.it.wikipedia.org).

Punto Erogazione Servizi (PES)

Il Punto Erogazione Servizi (PES) è un’articolazione dei Centri di Salute (CdS) delle ASL dell’Umbria.

Lettera Q

Testo Q

Lettera R

Testo R

Lettera S

Salute 

La salute viene definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come lo «stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia». La salute, pertanto, viene considerata un diritto fondamentale della persona. Questo principio assegna agli Stati compiti che vanno al di là della sola gestione di un sistema sanitario: essi dovrebbero farsi carico di individuare e di cercare di modificare tutti i fattori che possono influire negativamente sulla salute collettiva, promuovendo, al contempo, quelli favorevoli. La definizione di salute proposta dall’OMS, quindi, è molto impegnativa, poiché la sua traduzione in termini operativi e soprattutto in azioni, ha sempre suscitato riflessioni, dubbi e discussioni.

Scala dell’Intensità dei Sostegni (SIS)

La Scala dell’Intensità dei Sostegni (SIS) è uno strumento che analizza i sostegni sociali necessari alle persone con disabilità per condurre una vita indipendente. È stato pubblicato nel 2004 e viene utilizzato per valutare la necessità di sostegni sociali per persone con oltre 16 anni di età. È stato sperimentato per un’utenza con disabilità cognitiva, ma può essere adoperato anche per altri tipi di disabilità.

La SIS misura i sostegni necessari in 57 attività della vita quotidiana ed in 28 aree di specifiche problematiche mediche e comportamentali. Le attività indagate sono organizzate in sei aree:

  • vita domestica;
  • vita nella comunità;
  • apprendimento ed educazione;
  • lavoro;
  • salute e sicurezza personale;
  • sociale.

Sono previste tre aree supplementari:

  • protezione e tutela legale;
  • disturbi medici;
  • disturbi comportamentali.

I sostegni relativi ad ogni attività sono valutati in base a tre parametri:

  • frequenza: meno di una volta al mese; mensile; settimanale; quotidiana; oraria;
  • durata: nessuna, meno di 30 minuti; da 30 minuti a 2 ore; da 2 ore a 4 ore; più di 4 ore;
  • tipologia: nessuno; monitoraggio; prompt verbale o gestuale; assistenza fisica parziale; assistenza fisica totale.

L’utilizzo della SIS, tra l’altro, permette di:

  • far emergere la prospettiva della persona con disabilità circa i problemi incontrati quotidianamente;
  • aumentare la consapevolezza della persona in merito ai propri problemi;
  • coinvolgere la persona nella programmazione dei sostegni necessari.

L’équipe multiprofessionale del Centro per l’Autonomia Umbro, nella presa in carico, si ispira a tale modello di individuazione del bisogno espresso dalla persona con disabilità.

Servizi della rete

 Sono responsabili dei progetti e degli interventi di loro competenza, compresi all’interno del progetto personalizzato nonché delle risorse e delle azioni necessari per realizzarli.
(Da: Centro per l’Autonomia Umbro).

Servizi per l'Accompagnamento al Lavoro (SSAL o SAL)

Il sistema dei Servizi per l’Accompagnamento al Lavoro (SSAL o SAL) è volto a realizzazione gli obiettivi di inclusione socio-lavorativa delle fasce più deboli della popolazione in ambito socio-assistenziale e socio-sanitario. L’inclusione socio-lavorativa si traduce in azioni complesse tese, anche attraverso lo svolgimento di esperienze di lavoro realizzate adottando un approccio educativo personalizzato, a contenere quei fattori di rischio soggettivi, familiari e ambientali che comportano l’acuirsi dei processi di esclusione sociale, con conseguenze in termini di aggravamento delle situazioni di marginalità sociale, povertà ed incremento dei fenomeni di devianza.

A Terni, il SSAL si articola in tre unità operative fortemente integrate:

  • il SIL (Servizio per l’Integrazione al Lavoro) [link a sito esterno] delle fasce deboli è un servizio per l’occupabilità delle persone svantaggiate, promosso dal Comune di Terni nell’ambito delle politiche sociali e delle politiche attive del lavoro;
  • il SISL (Servizio Inclusione Sociale e Lavorativa): propone percorsi individualizzati finalizzati allo sviluppo delle potenzialità sociali e socio-lavorative della persona con disabilità: Progetto di borsa socio-assistenziale e Progetto di borsa lavoro;
  • il Progetto Giona è un servizio che completa l’intervento del servizio territoriale sul versante dell’integrazione sociale e ha la finalità di stimolare l’attivazione delle risorse soggettive delle persone, in situazione di disagio socio-economico, per sostenere l’autonomia.

Servizi residenziali 

servizi residenziali sono l’insieme di servizi e prestazioni che vengono erogati a tutte quelle persone che hanno bisogno di assistenza che non può essere erogata a domicilio. Si veda anche sotto la voce «assistenza residenziale e semi-residenziale».

SIISL

INSERIRE DA ZERO

SIM-Infanzia (Servizio di Igiene Mentale - sezione infanzia)

La dizione SIM-Infanzia (o semplicemente SIM), Servizio di Igiene Mentale sezione infanzia, indica il vecchio acronimo dell’attuale Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile e dell’Età Evolutiva di Terni.

Simulatore di guida

Il Simulatore di guida è uno strumento computerizzato in grado di riprodurre e testare in termini qualitativi e quantitativi le abilità necessarie alla conduzione di un veicolo. Quello adoperato dai Centri di Mobilità italiani, tra cui quello Umbro, prende il nome di: Verificatore delle Capacità Residue (VCR).

Stroke Unit

Si tratta di «strutture specializzate, nelle quali convivono le diverse competenze necessarie ad affrontare adeguatamente le prime fasi dell’ictus. Quindi strutture nelle quali cooperino il neurologo, il neuroradiologo, il neurochirurgo e l’esperto di riabilitazione neurologica». Perché il recupero del paziente cominci da subito «l’efficacia è massima se la terapia è somministrata entro due ore dall’esordio dell’ictus, (…) questo significa che non soltanto devono esistere le stroke unit, ma anche gli operatori dell’emergenza, il 118, devono essere formati a riconoscere l’ictus e a scegliere subito “la strada giusta”. Attualmente in Italia le stroke unit già operative sono il 25% di quelle che effettivamente sarebbero necessarie».
 (Da: www.dica33.it)

Struttura sanitaria accreditata

Vedere sotto «accreditamento».

Struttura sanitaria convenzionata

 Vedere sotto «convenzione».

Sussidi tecnici ed informatici

Vedere sotto: «ausili tecnici ed informatici».

Lettera T

Tariffario Nazionale

«Il Tariffario Nazionale fissa gli onorari delle prestazioni di valutazione, riabilitazione, terapia fisica e strumentale […]. In base alle specifiche realtà territoriali è possibile rilevare delle differenze». Si consiglia di consultare l’intero documento in questo link.

(Da: www.aifi.net).

Terapia del dolore

Detta anche «terapia antalgica», è l’«insieme di terapie, farmacologiche, chirurgiche, o basate su particolari metodi (psicoterapia, ipnosi, elettrostimolazione ecc.), volte ad alleviare le manifestazioni dolorose di maggior intensità e rilevanza clinica. In caso di dolore acuto la terapia antalgica è tale da interferire con le normali funzioni fisiologiche o da esporre il paziente a pericolose complicazioni, come nel caso dei soggetti sottoposti a recente intervento chirurgico o in pazienti vittime di traumi toraco-addominali, nei quali la funzione respiratoria è seriamente compromessa dalla reazione antidolorifica».
 (Da: www.sanihelp.it).

Terapia occupazionale

La terapia occupazionale è esercitata dal terapista occupazionale e valuta e stimola le abilità della persona con disabilità ed identifica gli ausili tecnici e tecnologici che le consentono di sfruttare le proprie potenzialità nelle attività di vita quotidiana, con l’obiettivo di raggiungere il massimo livello di autosufficienza.

Nel caso di persone che hanno bisogni assistenziali elevati, quando cioè la persona ha una funzionalità residua limitata e/o vive in un contesto ambientale ostile (perché inaccessibile), la terapia occupazionale fornisce supporto e addestramento ai familiari o a coloro che prestano assistenza alla persona per una corretta e funzionale gestione della stessa.

Vedi anche «abilitazione».

Terapista occupazionale

Il terapista occupazionale è l’operatore sanitario che opera nell’ambito della prevenzione, cura e riabilitazione delle persone con disabilità fisiche, cognitive e sensoriali, utilizzando attività espressive, manuali-rappresentative, ludiche, della vita quotidiana.

Il terapista occupazionale, in riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico, nell’ambito delle proprie competenze ed in collaborazione con altre figure socio-sanitarie:

  • effettua una valutazione funzionale e psicologica della persona ed elabora, anche in équipe multi-disciplinare, la definizione del programma riabilitativo, volto all’individuazione ed al superamento dei bisogni della persona con disabilità ed al suo avviamento verso l’autonomia personale nell’ambiente di vita quotidiana e nel tessuto sociale;
  • tratta condizioni fisiche, psichiche e psichiatriche, temporanee o permanenti, rivolgendosi a persone di tutte le età;
  • utilizza attività sia individuali che di gruppo, promuovendo il recupero e l’uso ottimale di funzioni finalizzate al reinserimento, all’adattamento e alla integrazione dell’individuo nel proprio ambiente personale, domestico e sociale;
  • individua ed esalta gli aspetti motivazionali e le potenzialità di adattamento dell’individuo, proprie della specificità terapeutica occupazionale;
  • partecipa alla scelta e all’ideazione di ortesi congiuntamente o in alternativa a specifici ausili;
  • propone, ove necessario, modifiche dell’ambiente di vita e promuove azioni educative verso la persona in trattamento, verso la famiglia e la collettività;
  • verifica le rispondenze tra la metodologia riabilitativa attuata e gli obiettivi di recupero funzionale e psico-sociale.

Il terapista occupazionale svolge la sua attività professionale in strutture socio-sanitarie, pubbliche o private, in regime di dipendenza o libero professionale.

Normativa di riferimento
Decreto Ministero della Sanità n. 136 del 17 gennaio 1997
, «Regolamento concernente la individuazione della figura e relativo profilo professionale del terapista occupazionale».

Vedi anche «abilitazione», «terapia occupazionale».

Trust

Il «trust» è uno strumento per garantire il «Dopo di Noi» alle persone con disabilità che non sono in grado di rappresentarsi da sole.

Si tratta di un rapporto giuridico in base al quale il «disponente» (in genere, i genitori della persona con disabilità) pone sotto il controllo del «trustee» (persona fisica o giuridica di fiducia del disponente) beni e diritti nell’interesse di un beneficiario (la persona con disabilità).

I beni «in-trust», destinati alle finalità preordinate del disponente, godono della «segregazione patrimoniale», ovvero non possono essere aggrediti da nessun’altra persona.

Lettera U

Unità di valutazione dell’età evolutiva

Testo G

Unità di Valutazione Geriatrica (UVG)

«L’Unità di Valutazione Geriatrica (UVG) è un’équipe multidisciplinare, comprendente il medico del distretto, il medico di medicina generale dell’utente, l’infermiere, l’assistente sociale ed il medico geriatra, che ha il compito di effettuare una valutazione approfondita e globale dei bisogni e delle risorse dell’anziano che accede alla rete dei servizi, per individuare le risposte più adeguate ai suoi bisogni. Rappresenta una articolazione dell’Unità Multidisciplinare di Valutazione Disabili».
(Da: www.socialinfo.it).

Unità Multidisciplinare di Valutazione Disabili (UMVD)

L’Unità Multidisciplinare di Valutazione Disabili (UMVD) è un’équipe multidisciplinare che ha il compito di effettuare una valutazione approfondita e globale dei bisogni e delle risorse della persona che accede alla rete dei servizi distrettuali, per individuare le risposte più adeguate ai suoi bisogni. Ha il controllo degli accessi ai diversi servizi della rete.

Si distingue il lavoro dell’équipe rivolto all’età adulta e quello rivolto all’età evolutiva (cioè ai minori).

L’UMVD comprende:

  • il medico della ASL;
  • il medico di medicina generale dell’utente;
  • l’infermiere;
  • l’assistente sociale.

Viene integrata di volta in volta da altre figure professionali (terapista della riabilitazione, psicologo, ecc.) e da altre figure specialistiche (geriatra, oncologo, pediatra, ecc.).

Unità Spinale Unipolare (USU)

L’Unità Spinale Unipolare (USU) è il luogo dove il paziente con mielolesione «viene curato durante tutto il lungo e difficile periodo della riabilitazione». È una «divisione ospedaliera ad altissima specializzazione la quale deve possedere caratteristiche di multidisciplinarietà in quanto il paziente spinale necessita di una équipe costituita da sanitari di varie aree».

(Da: www.apromaelazio.org).

«L’Unità Spinale Unipolare svolge, con la sua équipe di medici, infermieri, fisioterapisti, terapisti occupazionali, assistente sociale e psicologo, il trattamento medico-riabilitativo complessivo del paziente con lesione midollare acuta, (traumatica, infettiva e vascolare) e del paziente con complicanze da una lesione midollare di vecchia data, sopratutto per problemi urologici e grave spasticità e dolore, con valutazione ed indicazione per l’eventuale impianto di sistema di infusione continua completamente impiantabile».

(Da: www.ospedale.perugia.it).

Lettera V

Valutazione multidimensionale

«La valutazione multidimensionale, in termini generali, ha l’obiettivo di definire in modo complessivo lo stato di salute di una persona […]. Col termine “valutazione”, infatti, si intende l’analisi accurata delle capacità funzionali e dei bisogni che la persona […] presenta a vari livelli: livello biologico e clinico (stato di salute, segni e sintomi di malattia, livelli di autonomia, ecc.), livello psicologico (tono dell’umore, capacità mentali superiori, ecc.) e livello sociale (condizioni relazionali, di convivenza, situazione abitativa, economica, ecc.). Un sistema di valutazione multidimensionale include inoltre un programma di intervento personalizzato. […] Si tratta di un programma articolato, in grado di abbracciare vari aspetti: sanitario, assistenziale ma anche sociale […]».

(Da: www.socialinfo.it).

Valutazione multidisciplinare

La valutazione multidisciplinare è effettuata da più figure professionali per raccogliere informazioni mediche, sanitarie, familiari, sociali, psicologiche ed educative con l’obiettivo di costruire un quadro complessivo della situazione della persona.

(Da: Centro per l’Autonomia Umbro).

Ventilatori artificiali

Vengono utilizzati «nella ventilazione artificiale per produrre il passaggio periodico di una quantità nota di miscela gassosa (aria ambiente, ossigeno, gas medicali) nel torace del paziente».

(Da: Novelli, «Anestesia e rianimazione», Idelson-Gnocchi).

Verbale di invalidità

Il Verbale di invalidità è trasmesso all’interessato dalla Commissione Medica per l’invalidità civile che riporta l’esito della visita con annotate le procedure da attivare per l’eventuale ricorso. Dal verbale derivano diritti per accedere a prestazioni socio-sanitarie, agevolazioni e provvidenze economiche: l’esenzione parziale o totale dalla partecipazione alla spesa sanitaria, l’accesso o meno alle prestazioni protesiche, il diritto all’iscrizione alle liste speciali di collocamento mirato e il diritto a percepire le eventuali provvidenze economiche.

Per approfondimenti:
I Verbali di invalidità possono presentare alcune differenze nella modalità di certificazione. Per questo motivo, seguono due schede tecniche con la descrizione dei Verbali di invalidità adottati dalla ASL n. 4 di Terni e dalla ASL n. 2 di Perugia:

(Da: www.handylex.org).

Visitabilità

Nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se, nei casi in cui sono previsti spazi di relazione nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta, questi sono accessibili; in tal caso deve essere prevista l’accessibilità anche ad almeno un servizio igienico. Nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, di superficie netta inferiore a 250 mq, il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se sono accessibili gli spazi di relazione, caratterizzanti le sedi stesse, nelle quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta” (articolo 3.4 comma E del DM 236/89).

Vita Indipendente

Vivere una Vita Indipendente significa avere la possibilità di prendere decisioni riguardanti la propria vita e la capacità di svolgere attività di propria scelta, con le sole limitazioni che hanno le persone senza disabilità.

È importante non far coincidere il concetto di Vita Indipendente con «vita per conto proprio» o con il «fare da sé» le cose, ossia con il concetto di «autonomia»: l’autonomia, infatti, è solo un aspetto della Vita Indipendente. La Vita Indipendente ha a che fare con l’«autodeterminazione»: è il diritto e l’opportunità di perseguire una linea di azione ed è la libertà di sbagliare e di imparare dai propri errori, esattamente come le persone che non hanno disabilità.

La Vita Indipendente riguarda soprattutto le persone con disabilità, ma apre spazi di libertà a genitori, familiari, partner, figli, amici della persona che intraprende questo percorso.

La Vita indipendente non è facile e può essere rischiosa, ma questo obiettivo è ben più elevato rispetto ad una vita di dipendenza, di delega, con limitate possibilità ed aspettative mancate.

Lettera W

World Health Organization - Disability Assessment Schedule (WHO-DAS II)

Il World Health Organization – Disability Assessment Schedule (WHO-DAS II) è uno strumento dell’OMS per valutare le difficoltà nelle principali aree della vita quotidiana delle persone con disabilità. Nasce nel 2001, dopo una sperimentazione di alcuni anni (in cui è stata realizzata una prima stesura dello strumento).

Il WHO-DAS II (seconda versione) valuta il funzionamento quotidiano della persona con disabilità adulta in sei aree di vita (o «domini di attività»). I risultati di questa valutazione servono a fornire un profilo del funzionamento della persona con disabilità nelle varie aree di vita, contribuendo a:

  • identificare i bisogni delle persone;
  • aiutare gli operatori a offrire risposte appropriate ai bisogni delle persone;
  • monitorare nel tempo il funzionamento delle persone;
  • misurare l’impatto dell’efficacia del percorso di aiuto.

Le aree di vita, prese in considerazione dal WHO-DAS II sono sei:

  • comprensione e comunicazione;
  • mobilità;
  • cura di sé;
  • interazioni e relazioni con gli altri;
  • vita domestica o attività lavorativa;
  • partecipazione alla società.

L’équipe multidisciplinare del Centro per l’Autonomia Umbro, nella presa in carico, si ispira a tale modello di individuazione del bisogno espresso dalla persona con disabilità.

Approfondimenti

WHO-DAS II: collegamento al sito dell’OMS dedicato al WHO-DAS II (sito esterno in lingua inglese).

Lettera X

Testo X

Lettera Y

Testo Y

Lettera Z

Testo Z

Acronimi

AO

Acronimo di «Azienda Ospedaliera».